REDAZIONE LA SPEZIA

La vecchia mancina solleva carichi di storia

Riaffiorano i ricordi nella prospettiva della musealizzazione nel porto antico. Intanto il Comune interessa la Soprintendenza ai beni culturali.

A Genova un esemplare simile, è stato collocato a mo’ di benvenuto davanti al Museo del mare. Alle Grazie l’antica mancina a bigo e ad argano manuale - con la quale, nel porto antico, venivano caricate e scaricate merci dalle navi, tirate in secco e restituite ai flutti le piccole barche da lavoro - è in attesa di un futuro urbano-museale: ‘raccontare’ un passato fatto di fatiche e speranze affidate al mare. Nel 2009 la mancina era stata rimossa dal molo di massi perpendicolare alla calata per permettere la ristrutturazione di esso e delle attigue banchine, operazione finanziata dall’Autorità portuale. Sarebbe poi dovuta tornare al suo posto, debitamente restaurata. Ma il porto antico (in concessione alla società comunale Servizi portuali turistici) è ancora orfano di essa. A riaccendere i riflettori sul reperto di archeologia navale, per compulsarne un futuro espositivo - sollecitandone il ritorno al suo posto e la possibilità di dare luogo ad eventi rievocativi - è stato il gruppo consiliare di opposizione “Porto Venere Bene Comune“ costituito da Saul Carassale, Franco Talevi, Fabio Carassale e Francesca Sacconi. Sul piano del voto è stato un flop indotto dalla logica di schieramento: la maggioranza ha votato contro. Spiega il perché il sindaco Matteo Cozzani: "Abbiamo respinto la mozione perché la collocazione e le modalità di recupero per legge non possono essere fatte da volontari ma prima deve essere autorizzata dalla Soprintendenza. Abbiamo detto invece che siamo d’accordo nel recuperarla... quindi attiveremo tutte le procedure di legge". Ci vorrà del tempo. Intanto riaffiorano i ricordi.

Non ci sono documenti che attestino chi e quando collocò in porto la mancina. Ma la funzione è certa: alare e varare le barche di piccolo dislocamento di una volta, quando era il legno il materiale usato per la costruzione e, nello specifico delle Grazie, gli scafi che popolavano i moli erano quelli di palombari e pescatori. "Non so quando, ma sono certo che quella mancina giunse alle Grazie proveniente dalle ferrovie, dove era impiegata per il carico-scarico dei vagoni merci" dice il comandante Fabrizio Zignego, classe ’49. Antonio Coluccia, storico ferramenta del paese, ha scolpito nella mente il danneggiamento che la mancina subì per effetto di un fortunale: "Venne colpita da una motonave lunga 30 metri, l’Ilvana, che ruppe gli ormeggi a causa di una libecciata. Erano i primi anni Cinquanta. Venne riparata al Cantiere Varignano e poi rimessa al suo posto".

"Assistere alla movimentazione di merci e barche era uno degli spettacoli della calata, insieme all’arrivo dei pescherecci e delle lance dei palombari: un belvedere, carico di valori". ricorda Carla Ferro, memoria del paese.

In futuro, ovviamente, la vecchia funzione non avrebbe motivo di essere ripristinata. Ma il vecchio mezzo di sollevamento potrebbe tornare a fare bella mostra di se, qualificando il porto antico, consolidandone la vocazione ‘museale’ che fa perno sulle barche d’epoca, sul Cantiere della Memoria, su un vecchio cannone del 1800 recuperato e posizionato nei primi anni Ottanta sulla calata da un gruppo di volontari guidati dal compianto Armando Esperti, restaurato nel 2000 e nuovamente bisognoso di cure. Intanto c’è chi tende la mano al ritorno in società della mancina, evidenziando il ’merito’ di averla custodita e restaurata: il Cantiere Valdettaro. Il reperto, ad esempio, ‘troneggiò’ nel piazzale all’epoca dei raduni delle vele storiche. Poi finì nelle retrovie. Ugo Valdettaro, dominus del Valdettaro rilancia: "Felici di restituirla". Potrebbe essere un’ eventuale occasione per un esempio virtuoso di applicazione del recente regolamento comunale che prevede la mobilitazione dei privati per la cura di aiuole e decoro urbano. Chissà, se alle parole seguissero fatti...

Corrado Ricci

Viliana Trombetta