
L'avvocato Maurizio Sergi
La storia era di quelle controverse: ognuna delle parti dava una versione dei fatti opposta. L’imputato eccellente, un medico di famiglia accusato di molestie sessuali consumate nel suo studio, negava tutto. La paziente, invece, confermava lo slancio proibito contestato al primo: un bacio sulla bocca. Alla fine ha prevalso il camice bianco: assolto con la formula dubitativa dal giudice Marcio De Bellis, come chiesto dall’avvocato difensore Maurizio Sergi che ha giocato le carte delle indagini fai-da-te e, nella sua arringa, si è ancorato ad una correzione temporale della denuncia da parte della parte offesa per incrinare la credibilità della stessa. Il capo di imputazione recitava così: "Con mossa repentina, cogliendola di sorpresa, durante la visita medica finalizzata ad osservare l’arrossamento in gola inseriva la lingua nella bocca della paziente, baciandola contro la sua volontà". Lo aveva formalizzato il pm Federica Mariucci dopo l’accoglimento dell’opposizione - da parte del gip Marinella Acerbi - all’iniziale richiesta di archiviazione. Il surplus di indagini - sollecitato dal legale della parte offesa, l’avvocato Giulia Mattioli di Roma - ha riguardato l’interrogatorio dei genitori e del fidanzato della paziente che, pur non essendo presenti al momento della visita, risalente al 10 aprile del 2018, avevano descritto lo stato di prostrazione della congiunta dopo l’incontro col medico di famiglia, deponendo per la credibilità della sua narrazione. L’avvocato Sergi aveva chiesto e ottenuto il giudizio abbreviato "condizionato" dall’interrogatorio del medico e dall’assunzione agli atti del fascicolo dei verbali con la testimonianze di alcuni pazienti dello studio, ascoltati nell’ambito delle indagini difensive svolte dal legale. In aula l’autodiesa a spada tratta dell’imputato: "Niente di tutto quello che è contenuto nella denuncia è avvenuto". E a sostegno della rappresentazione della sua versione – là dove la paziente diceva di aver reagito all’avance urlando e di essere scappata dallo studio – ha sostenuto che nessuna domanda o rilievo gli è stato posto dai pazienti che erano nella sala d’aspetto attigua all’ambulatorio e separata dallo stesso da una parete di cartongesso, non certo fonoassorbente. A questo scenario logistico si sono saldate le indagini difensive sul fronte dei pazienti: presi a verbale dall’avvocato Sergi hanno asserito di non aver udito urla o colto comportamenti anomali della donna all’atto di uscire dallo studio. Lei poi era andata in questura a denunciare le molestie, asserendo in un primo momento che il fatto era accaduto qualche giorno prima, per poi rettificare la circostanza temporale. Un passo falso che va avuto peso nel verdetto.
Corrado Ricci