I bulloni erano sottodimensionati La rottura occulta giunta per ’fatica’

La mancanza di verifiche alle cerniere non ha fatto rilevare l’anomalia ’scatenante’ nella catena delle concause

I bulloni erano sottodimensionati  La rottura occulta giunta per ’fatica’

I bulloni erano sottodimensionati La rottura occulta giunta per ’fatica’

Una causa "scatenante" e alcune cause "profonde" alla base del crollo del ponte levatoio della darsena di Pagliari il 12 maggio del 2021: dal vizio di origine della progettazione di bulloni sottodimensionati per ancorare ai basamenti le cerniere su cui ruotava la struttura a tutta una serie di superficialità che sono risolte nella mancata corsa ai ripari per prevenire il default.

Lo scrivono gli ingegneri Massimo Losa, Renzo Valentini e Andrea Bracciali - docenti universitari, già impegnati nell’inchiesta sul crollo del ponte Morandi di Genova - nella perizia a loro commissionata dal giudice Fabrizio Garofalo per far luce su cause e responsabilità dell’incidente spezzino nell’ambito dell’indagine per crollo colposo aperta dal procuratore capo Antonio Patrono e dal sostituto Claudia Merlino. E’ tutto nero su bianco nelle 123 pagine della relazione prossima al confronto - il 13 aprile - con i consulenti dei 35 indagati:a progettisti, esecutori, controllori, gestori dell’opera, vertici dell’Autorità di sistema portuale susseguitesi dal 2010 al maggio 2021, rup e direttore dei lavori.

"La causa scatenante del crollo è la fatica – fenomeno meccanico di degrado progressivo – a cui sono stati soggetti i bulloni di collegamento delle cerniere alle piastre di base, in corrispondenza degli appoggi fissi del ponte, posti sulla spalla Nord", scrivono gli esperti all’esito delle indagini di laboratorio. I bulloni erano sedici: per 10 la sezione è andata progressivamente - e occultamente - restringendosi fino al punto dello schianto improvviso degli altri sei risultati incapaci di resistere alle forze maggiorate a cui sono stati esposti per il venire meno dell’azione degli altri.

Il fenomeno del logorio sofferto dai bulloni, per effetto dei cicli d’uso del ponte, era da mettere in conto ma non sarebbe è stato previsto in sede progettuale, a cominciare dalle cautele da adottare con riferimento al diametro: era sottodimensionato, 24 millimetri invece che 27.

La ’fatica’ è stata sofferta dai bulloni fin dall’inizio della vita del ponte "essendo insita nel modo in cui è stato concepito e realizzato il collegamento della cerniera con la piastra di base – rilevano i periti ed è progredito fino al momento del crollo, a causa di una gestione non corretta dell’opera".

Qui si inserisce il discorso delle "cause profonde" del crollo ponte, che iniziano con la concezioneprogettazione dell’opera e terminano con il crollo, passando per un collaudo non conforme: ok quello statico ma è mancato quello dinamico.

Le cause profonde, secondo i periti, sono identificabili nei momenti dei controlli e degli interventi manutentivi: "Se fossero stati eseguiti correttamente, con elevata probabilità avrebbero impedito il verificarsi dell’evento". E ancora: "La mancanza eo l’inadeguatezza dei controlli e delle conseguenti azioni correttive costituiscono gli anelli deboli del sistema; se essi, laddove mancanti, fossero stati eseguiti e, laddove eseguiti, lo fossero stati correttamente, avrebbero interrotto la catena causale e l’evento non si sarebbe verificato".

Corrado Ricci