A Genova l’aggravante mafiosa. Posti di lavoro in cambio di voti

L’ex sindaco della perla del ponente trait d’union delle inchieste delle magistrature di Spezia e del capoluogo

A Genova l’aggravante mafiosa. Posti di lavoro in cambio di voti

A Genova l’aggravante mafiosa. Posti di lavoro in cambio di voti

L’epicentro del terremoto che sta sconvolgendo il panorama politico della Liguria è alla Spezia, nel palazzo di Giustizia del quartiere. E ruota, prevalentemente attorno alla figura di Matteo Cozzani, ex sindaco di Porto Venere oggi capo di gabinetto della Regione Liguria. Qui, nelle stanze del grande palazzone di Mazzetta, si è sviluppato il lavoro di inchiesta del procuratore capo Antonio Patrono e del sostituto procuratore Elisa Loris – e portato avanti sul campo dagli investigatori del comando provinciale della Guardia di Finanza – che nell’indagare sui presunti favori dell’allora sindaco Matteo Cozzani ad alcuni imprenditori, hanno dato il là all’inchiesta che, poi trasferita per competenza a Genova, vede da ieri coinvolti tra gli altri il governatore Giovanni Toti (agli arresti domiciliari), l’ex presidente dell’authority Paolo Emilio Signorini, l’imprenditore Aldo Spinelli, e lo stesso Matteo Cozzani, accusato dalla procura genovese di corruzione elettorale, con l’aggravante mafiosa "di aver agito in favore di Cosa Nostra", in particolare a vantaggio del clan Cammarata del ‘mandamento’ di Riesi (Caltanissetta) con proiezione nella città di Genova; secondo quanto emerge dall’ordinanza firmata dal gip Paola Faggioni, Cozzani avrebbe agito per conto di Toti nell’assicurare diversi voti per le consultazioni regionali del 20 e 21 settembre 2020.

Un "disegno criminoso" messo a punto in concorso con Maurizio Testa e Arturo Angelo Testa, ritenuti rappresentanti della comunità Riesina di Genova. In cambio dei voti elettorali sarebbero stati promessi posti di lavoro ad almeno cinque persone e un cambio di alloggio di edilizia popolare. L’accordo tra Cozzani e i Testa avrebbe riguardato non meno di 400 voti provenienti dalla comunità riesina o, comunque, siciliana.

Uno scenario che sarebbe emerso proprio durante le intercettazioni effettuate dalla procura spezzina a carico di Matteo Cozzani, e che avrebbero poi portato la procura di Genova a ipotizzare reati pesantissimi. L’inchiesta spezzina è comunque andata avanti, fino a sfociare ieri nell’ordinanza di applicazione di misure cautelari firmata dal gip spezzino Mario De Bellis, che vede indagate undici persone: oltre ai fratelli Cozzani e ai fratelli Paletti, agli imprenditori Giovanni Olcese e Ivan Pitto, Francesco Fiorino e Massimo Gianello, sono indagati il presidente di Confindustria nautica Saverio Cecchi e Alessandro Campagna, direttore commerciale del Salone Nautico, entrambi raggiunti dalla misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare professione e attività di impresa per un anno. Secondo la ricostruzione della procura spezzina, Matteo Cozzani sarebbe riuscito a far aumentare i contributi di Regione Liguria al salone nautico in cambio dell’acquisto, da parte di Cecchi e Campagna, di acqua in tetrapack commercializzata dal fratello Filippo, da utilizzare durante il Salone Nautico. Nell’inchiesta spezzina figura anche Filippo Beggi, all’epoca dei fatti membro della segreteria del capo di gabinetto della Regione, indagato per false attestazioni relative all’insussistenza di profili di incompatibilità a lavorare per la Regione Liguria. Stessa contestazione che è stata fatta peraltro dalla procura spezzina anche allo stesso Matteo Cozzani, "socio occulto" di una società che all’epoca aveva ottenuto alcune commesse da Liguria Digitale.

Matteo Marcello