Per le donne, per chi di loro non c’è più, per chi non riesce ad uscire da un tunnel buio, e per chi invece ha trovato il coraggio di scappare da chi voleva tarparle le ali. Circa 300 studenti, ieri mattina, si sono dati appuntamento alle 8 fuori dalle rispettive scuole per manifestare contro il femminicidio in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne. Il corteo di giovani studenti, partito dalla Cittadella dello studente è arrivato fino a piazza Dante. Tantissimi cartelloni e un megafono per dare voce a chi vuole dire basta alla violenza di genere.
Tra i ragazzi è arrivato il sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna, che ha accettato molto volentieri l’invito dei ragazzi. "Sono dalla parte delle donne, dei giovani, della verità, della giustizia, della lealtà e della trasparenza – ha esordito –. Imparate ad essere critici,a riconoscere la verità. La legge 194 è per la vita non per la morte. I giovani devono sapere che non saranno mai soli. La violenza va fermata introducendo anche pene più severe per coloro che si macchiano di un crimine. Serve non sottovalutare i ‘comportamenti spia’ come lo stalking, le violenze psicologiche. Non smettette mai di credere che cambiare sia possibile. Un uomo non colpisce mai una donna, se lo fa non è un uomo. Infine – ha concluso – una piazza così è sinonimo di civiltà". E poi c’erano loro i ragazzi, i grandi protagonisti della piazza. "L’omicidio di Giulia Cecchettin è la goccia che ha fatto traboccare il vaso è il momento di dire basta – afferma Martina Veronesi dell’istituto superiore Rosmini indirizzo scienze umane – sono soddisfatta della partecipazione che c’è stata oggi, abbiamo organizzato la manifestazione martedì e c’è stata una grande risposta dagli studenti". "Abbiamo saltato scuola per incentivare la manifestazione, il caso di Giulia ci ha fatto aprire una finestra – afferma Ismene Bettiol dell’istituto Rosmini – purtroppo è una tematica che a scuola non è stata presa molto in considerazione. Ci sembrava giusto scendere in piazza tutti insieme".
"L’idea di venire in piazza è partita fra i banchi di scuola interrogandoci fra noi e decidendo di dare voce a chi non la può più avere – dice Ginevra Bonsanti dell’istituto Rosmini – sono emozionata nel vedere i miei coetanei con il desiderio nel cuore di dare una speranza a chi non riesce a parlare, e ad esprimere quello che ha vissuto. Siamo la dimostrazione nella nostra città che i ragazzi posso fare qualcosa, lasciando un segno. Vedere i ragazzi non entrare in classe e manifestare è stata un’emozione immensa". Tra slogan, come "Donna viva libertà", "Giù le mani dalle donne", "L’uomo violento non è malato è figlio del patriarcato", ci sono stati interventi dove la rabbia ha spesso lasciato il posto all’emozione.