NICOLA CIUFFOLETTI
Cronaca

"Fare il medico è una missione, ma così siamo solo prigionieri"

Sara Simoncioli scrive a Giani. "Non riusciamo più a staccare né per ferie né per malattia Non ci sono sostituti..."

Sara Simoncioli

Amiata, 16 giugno 2022 - Sara Simoncioli è medico di medicina generale nelle zone rurali dell’Amiata e ha deciso di scrivere una lettera al presidente della Regione Eugenio Giani e al direttore sanitario regionale per denunciare le condizioni di lavoro in cui i medici come lei sono costretti a lavorare.

"Mi innamorai di questo mestiere durante la frequentazione di uno studio medico per il tirocinio per l’esame di Stato e decisi di volerlo fare – racconta la Simoncioli –. Mi piacque il contatto umano con le persone, partecipare alla cura della persona". Oggi però si trova a lavorare con accumuli di stanchezza e stress elevati, senza possibilità di trovare sostituti temporanei per qualche giorno di stacco, per di più in un territorio dove il primo medico è a un’ora di auto. "Tanti doveri ed oneri burocratici e l’ impossibilità di assentarsi in tranquillità – denuncia –. Sulla carta sono elencate varie possibilità nella realtà sono difficilmente applicabili. Se il medico si ammala, se ha un problema familiare oppure se volesse godere di qualche giorno di ferie, deve trovare un sostituto e così inizia il giro di telefonate che nel 98% dei casi hanno esito negativo". La sostituzione potrebbe subentrare da parte dei colleghi.

"Facile a dirsi ma non certo a farsi – commenta –: tutti sono impegnati nei loro ambulatori. Non solo i principali per i quali il medico ha firmato l’incarico, ma anche quelli delle frazioni per accontentare la popolazione e le amministrazioni. Viene da sé che farsi carico anche di altri diventa oneroso e ovviamente ne viene meno anche la qualità dell’assistenza oltre che la deficienza del servizio". Il risultato è che il medico, anche se stanco o malato, va a lavorare sobbarcandosi anche il peso di tutti i problemi degli altri. E se le ferie vanno in porto? Ci pensa whatsapp a mantenere il filo diretto tra assistiti e medico, riducendo a zero la possibilità dei medici di rigenerarsi (anche psicologicamente). Ad aggravare la situazione è il territorio di montagna, i medici che lavorano nelle periferie hanno colleghi a 40 chilometri di distanza e con una popolazione da assistere principalmente anziana.