Le sirene come ultimo saluto alle vittime

Con la ‘tufata’ si è conclusa la giornata in ricordo del naufragio a cui, come ha detto Ortelli, negli anni non seguiranno altre celebrazioni

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Quelle sirene hanno chiuso un’epoca. Alle 21.45’ e 7’’, quando dalle barche a Giglio Porto hanno iniziato a suonare per la classica tufata, l’Isola del Giglio ha reso omaggio alla tragedia della Costa Concordia e alle sue trentadue vittime. Una cerimonia sobria, come aveva promesso il sindaco Sergio Ortelli, l’ultima comunque pubblica. Il primo cittadino aveva infatti accompagnato tutti gli ospiti (il prefetto, il questore, il governatore Giani e l’assessore Marras, il presidente della Provincia Francesco Limatola) prima alla messa e poi sulle lance in mare per la deposizione della corona di fiori nel punto esatto dove naufragò la nave. La sera ha poi presenziato alla processione e alla deposizione della corona di fiori al molo rosso, dove c’è la lapide con i nomi delle 32 vittime. La giornata ha avuto anche un momento toccante con la messa di suffragio celebrata dal vescovo e Giovanni Roncari nellana gremita chiesa dei Santi Lorenzo e Mamiliano a Giglio Porto, che ospitò alcuni dei naufraghi tratti in salvo, alla presenza di una sezione della banda nazionale dei vigili del fuoco. "Fare memoria di questi nostri fratelli e di quell’evento e farlo qui, in chiesa celebrando l’Eucaristia non è un’appendice, né un compito da dover assolvere. No, al centro di questo momento c’è Cristo Signore, crocifisso, morto e risorto, che ha vinto la morte, ogni morte e che ci ha fatti per una vita che non abbia fine". Queste le parole usate dal vescovo di Grosseto e di Pitiglianoi durante la messa concelebrata insieme al parroco don Lido Lodolini, all’allora parroco don Lorenzo Pasquotti e al gigliese don Carlo Brizzi. Roncari si è soffermato anche sul tema della speranza, "da non confondere con il desiderio o la probabilità" o addirittura "l’illusione" che è "un equivoco ancor più insidioso". La speranza, ha aggiunto, "non un anestetico per sopportare la vita, per difendersi dai fallimenti, dai dolori e in definitiva dalla morte". Un ricordo di quella sera arriva anche da Nicola Carlone, ammiraglio e comandante generale della Guardia Costiera: "È inimmaginabile che un comandante di una nave compia una manovra del genere. Un incidente a cui nessuno sarebbe stato preparato. Quando la mattina abbiamo visto la nave sugli scogli abbiamo capito che era accaduto qualcosa di impensabile. Ma i ragazzi della Guardia Costiera hanno improvvisato i soccorsi. Nel nostro Dna c’è scritto proprio questo: si va anche se il rischio è quello della vita".

Matteo Alfieri