La figura del partigiano triestino Eugenio e lo storico "Villaggio Curiel" a Grosseto

Il "Villaggio Curiel" a Grosseto, nato come "Villaggio Costanzo Ciano" negli anni '30, conserva la sua identità nonostante i cambiamenti urbani. Le botteghe e il circolo Arci resistono, mantenendo vive le tradizioni del quartiere.

I grossetani più giovani non ne ricordano l’origine, ma probabilmente non ne conoscono neppure il nome. Il riferimento è al "Villaggio Curiel", che da quasi un secolo identifica un gruppo di abitazioni popolari adiacenti alla via Senese. La storia di questo luogo inizia sul finire degli anni Trenta come "Villaggio Costanzo Ciano", dal nome del gerarca fascista, padre di Galeazzo. L’idea è quella di realizzare un villaggio rurale e ultraproletario di periferia, come fu anche per le cosiddette case del Duce sulla Castiglionese. E così fu, un presidio semiurbano di gente comune, al di là del quale il "Diversivo" separava la città dalla campagna infinita. Nel dopoguerra il nome fu sostituito con quello del partigiano triestino Eugenio Curiel, ucciso nel ’45 dai fascisti. In seguito la città si è estesa, ma quello è rimasto "Il villaggio". Lì, di fronte a questo agglomerato di case, dagli anni Settanta fino a poco tempo fa trovavi tutto l’essenziale: il macellaio, la bottega di frutta e verdura, il barbiere, il circolino Arci, il bar, il panificio, l’edicola, il tabacchino, insomma tutto ciò di cui avevi bisogno. Il Villaggio oggi, nonostante l’urbanizzazione, ancora esiste. Le botteghe, tra cambiamenti e qualche chiusura, tengono duro. Il circolo Arci, immutato, resiste.

Rossano Marzocchi