
La Cgil all’attacco: "Più manifatturiero e agroalimentare. Ma con più donne"
"Leggendo i tanti dati negativi messi in fila da Università di Pisa, Milano e Politecnico di Milano si corre il rischio di cedere al pessimismo cosmico". Inizia così Monica Pagni, segretaria provinciale della Cgil commentando la ricerca commissionata dalla Provincia. "Disaggregando i dati, qualcosa di positivo possiamo già vederlo. Ad esempio, partendo dagli indici demografici vediamo realtà come Castel del Piano e Scarlino che non se la passano affatto male – aggiunge la Pagni –. Nel comune amiatino spicca l’evidenza che i migranti integrati rappresentano oggettivamente un valore aggiunto; a Scarlino, dove c’è l’unico grande polo manifatturiero della provincia, ci sono invece redditi più alti della media provinciale. Conseguenza della presenza di manifatturiero di qualità che attraverso il lavoro buono che garantisce e porta lavoratori giovani, bambini, servizi di welfare e benessere più diffuso. Per invertire il trend, quindi, ci serve più manifatturiero. Alla svelta e senza che danneggi gli altri comparti essenziali, quello ad alta innovazione tecnologica sarebbe più alla portata. A patto di colmare il gap delle infrastrutture immateriali, strategicamente essenziali al pari di quelle di asfalto e ferro. E ci servirebbe anche più industria di trasformazione dei prodotti agroalimentari, che si aggiungesse alle eccellenze che già abbiamo".
Poi la Cgil si occupa della problematica del lavoro al femminile. "In provincia oltre la metà della popolazione è costituita da donne, ma il tasso di occupazione femminile nella fascia d’età 35-49 (quelli in cui oggi si fanno e si crescono i figli) è quasi 22 punti percentuali in meno di quello maschile nella stessa fascia di età, e 6 punti in meno della media toscana. Il tasso di inattività femminile, sempre nei 35-49 anni è il 23,4% rispetto a quello maschile (2,8%). E 5 punti percentuali sopra la media toscana, molto più vicino ai dati delle regioni del sud. Il part time involontario, caratteristico del settore dei servizi molto presente in Maremma, riguarda quasi esclusivamente le donne che in questo modo sono ‘povere’ durante la vita lavorativa. E molto più povere quando arrivano alla pensione". Monica Pagni torna quindi a parlare di aziende: "L’obiettivo strategico deve essere quello di avere più aziende delle dimensioni di Conserve Italia. Perché capaci di produrre innovazione e generare posti di lavoro qualificati. In questo primo approccio, infine, una considerazione. Leggeremo e studieremo con estrema attenzione e interesse le 160 pagine dello studio, ma colpisce il fatto che l’abbia realizzato un gruppo composto da soli uomini. Il punto di vista anche di una sola delle tante ottime accademiche toscane, ci avrebbe dato maggiore garanzia che l’analisi tenesse conto di come la composizione produttiva del nostro territorio tenga sistematicamente ai margini l’occupazione femminile, senza la quale è difficile pensare ad un qualsiasi progresso economico e sociale. Il rilancio economico, sociale e produttivo del nostro territorio, quindi – chiude Pagni – non può prescindere dall’individuare percorsi che tengano conto di questa situazione. Per questo ci aspettiamo anche un’analisi di genere che valorizzi l’apporto delle donne alle traiettorie di sviluppo che verranno individuate".