
Completata l’opera di abbattimento dell’ala del vecchio ospedale cittadino
"Grosseto è senza memoria". Inizia così la disamina dell’architetto Roberto Aureli sul recente abbattimento della seconda ala del vecchio ospedale in via Saffi che in questi ultimi anni ha ospitato l’ufficio anagrafe.
"La demolizione – prosegue Aureli – ripropone il ciclico dilemma di cosa si deve conservare e restaurare oppure gettare nella spazzatura. Dalla demolizione dell’ex palazzo Cosimini con la sua piacevole architettura di eclettismo post-unitario, alla demolizione dei vecchi lavatoi con le antiche capriate di legno, sostituti da una architettura di banale modernismo del mercato coperto avvenuta negli anni ottanta, le ruspe cittadine continuano la loro opera nel cancellare segni del passato".
Secondo Aureli "senza indagare su ciò che la soprintendenza abbia relazionato, sia nell’ala demolita una decina d’anni fa che in quella di questi giorni, in virtù dell’obbligo derivante dagli articoli del codice dei beni culturali sulla presenza di valori etnoantropologici in un edificio destinato alle cure dei malati in cui ha studiato un premio Nobel per la medicina: la questione assume rilevanza grottesca quando si propone una ricostruzione in cemento armato di dozzinale architettura".
L’architetto prosegue: "Nel caso in cui la demolizione abbia portato un nuovo spazio pubblico verde le attenuanti possono in qualche modo giustificare lo scempio. Questione diversa è la ricostruzione seppur destinata a scopi socialmente utili. Vengono in mente la palazzina della provincia di via Cavour, la palazzina di piazza S. Michele, la sede della Camera di Commercio ed altri esempi che da anni i grossetani tutti additano come obbrobri che vanno a contaminare la qualità, seppur modesta, del nostro antico abitato. E’ giunto il momento di un radicale ripensamento".
Poi chiude: "Bisogna iniziare a riflettere su quanto siano importanti i luoghi che frequentiamo per attenuare "l’ottundimento psichico derivato dall’anestesia della nostra sensibilità che una città brutta o priva di stimoli estetici concorre a formare". Condividendo appieno mi pongo il quesito. Come può nascere quel sentimento di armonia, quel senso comunitario di civitas in un panorama come il nostro connotato solamente da banali palazzoni in cemento armato spesso eretti su macerie della nostra labile memoria?"