
Marco Ligabue
La ’Grande Estate nel borgo’ torna a Istia d’Ombrone e oggi alle 21.30 ospita il concerto di Marco Ligabue.
Come sarà lo spettacolo? "Due ore completamente suonate dal vivo. Non usiamo computer, sequenze, autotune o altri supporti tecnologici: ci piace fare musica vera, dove la componente umana è al centro. Quindi batteria, basso, chitarra, io canto e suono la chitarra acustica. Ci sono i miei brani più conosciuti, qualche omaggio a mio fratello Luciano, e poi un viaggio nella musica italiana d’autore, reinterpretando canzoni di artisti che mi hanno formato da ragazzo, come De Gregori, Rino Gaetano, Dalla".
Cosa rappresenta per lei ‘Le canzoni inglesi’, ultima sua canzone uscita? "È un brano a cui sono davvero molto affezionato. L’ho scritto con il desiderio di riavvolgere il nastro e tornare a quella Londra che avevo conosciuto alla fine degli anni ’80: un ragazzo travolto da quel mondo con musica dal vivo in ogni pub, negozi di vinili a ogni angolo, mercatini pieni di vestiti punk, rock’n’roll, new wave, dark, mod".
Come mai ha scelto di non utilizzare la tecnologia nella musica? "Credo che ci sia qualcosa di unico nella musica suonata davvero, con gli strumenti e senza supporti tecnologici. Non è una questione di nostalgia, ma di autenticità. Io sono cresciuto ammirando la bravura dei musicisti, la tecnica, l’espressività di chi sta sul palco. Quando tutto è filtrato da basi, sequenze o autotune, credo si perda una parte importante del contatto con l’artista. Nei nostri concerti, invece, tutto è suonato e cantato dal vivo, con le mani e con il cuore, lo sottolineo con orgoglio e vedo che il pubblico lo apprezza tantissimo".
Quanto è difficile portare il cognome Ligabue? "L’ho sempre portato con grande orgoglio. Prima di tutto perché viene da mio padre, e poi perché grazie a mio fratello ho avuto la possibilità di vivere da vicino il mondo della musica. Non l’ho mai vissuto come un peso, ma con leggerezza e con gratitudine. Più che il cognome in sé, quello che mi ha sempre bloccato è stata la paura di espormi, di mettermi davanti a un microfono".
La svolta a 40 anni. "Solo 12 anni fa ho trovato il coraggio di superare quella barriera, di liberarmi dal peso dei paragoni e di vivere la musica per quello che era per me, senza pensare agli altri".
Laura Guerra