Olio greco spacciato per extravergine toscano: due aretini fra i 31 indagati, chi sono

Diverse società finite nei guai: perquisizioni anche su due frantoi della provincia. Il meccanismo della frode alimentare

Controlli sull'olio (foto di repertorio)

Controlli sull'olio (foto di repertorio)

Grosseto, 19 marzo 2019 - Sono stati notificati a 31 produttori di olio extravergine di oliva, titolari di frantoi e rivenditori, gli avvisi di conclusione indagini nell'ambito di un'inchiesta avviata nel marzo 2016 dalla procura di Grosseto per associazione a delinquere finalizzata a un numero indeterminato di delitti di frode in commercio anche con falsi documenti.

Gli accertamenti dei carabinieri forestali, insieme al nucleo investigativo Nipaaf, riguardarono quattro province toscane (Grosseto, Siena, Arezzo e Firenze) e quella di Foggia. Gli avvisi sono stati notificati anche ad alcune società operanti nel settore. Secondo la procura veniva messo in vendita olio extravergine di oliva di origine comunitaria, in prevalenza olio greco, contrabbandato per olio extravergine Toscano Igp e per extravergine italiano.

La frode ha riguardato gli anni 2014-2015 e 2015-2016. «Tra le società coinvolte nell'attività illecita - spiega il procuratore Raffaella Capasso - figurano veri e propri colossi del mercato internazionale in grado di condizionare al ribasso i prezzi del mercato locale».

Due gli indagati aretini di origine e di residenza, due anche le perquisizioni nei frantoi della provincia. Chi sono? Si tratta di Salvatore Lamola, foggiano di residenza ma con domicilio a Bucine, e di Marcello Dragoni, nato a Lucignano che ora vive a Larciano, in provincia di Pistoia.

L'inchiesta il 3 marzo 2016 portò al sequestro di 200 quintali di olio e a 47 avvisi di garanzia. «L'attività illecita - spiega il procuratore Raffaella Capasso - è stata realizzata tramite metodologie varie come la registrazione di false moliture, l'acquisto di olio comunitario e italiano con simulazione di vendite dell'olio meno pregiato con successiva trasformazione in quello pregiato, l'utilizzo di documentazione falsa, la miscelazione di olii di origine e qualità diverse».

In questo modo, spiega la procura «gli operatori economici erano in grado di assicurarsi notevoli profitti, lucrando sulla differenza di prezzo tra l'olio comunitario e extracomunitario, di qualità inferiore di quello italiano. In pratica era stato messo in vendita olio extravergine di oliva come se fosse stato di pregio a prezzi notevolmente superiori». «La frode - conclude Capasso - ha danneggiato anche i piccoli produttori locali che non hanno potuto beneficiare della favorevole condizione di mercato».