
di Riccardo Bruni
Piani di recupero, idee, proposte, annunci. Una storia che va avanti da trent’anni. Da quando cioè la Sitoco di Orbetello ha smesso di essere una realtà produttiva per diventare uno dei tanti siti da bonificare. Se non fosse per le coperture in amianto e per una serie di altri materiali da gestire, lasciati in eredità dalle varie fasi industriali che la fabbrica, realizzata all’inizio del Novecento dalla Montecatini di Milano, ha conosciuto, tra cui quella legata alla produzione di concimi chimici, il profilo dei vecchi edifici sarebbe ormai diventato quasi parte del paesaggio. Tanto che la Sovrintendenza ha messo sotto vincolo più o meno un terzo delle strutture che coprono in tutto circa dodici dei quaranta ettari sui quali si estende l’area. In tutto sono circa 450mila i metri cubi di materiali vari, dagli impianti da smontare alle coperture di amianto, che devono essere smantellati e portati via. In passato, in uno dei tanti piani di recupero, era stato proposto di seppellirli direttamente lì, all’interno di una ‘collina di cemento’ che sarebbe stata poi ricoperta con un pratino.
Il problema è che i responsabili dell’inquinamento non ci sono più. E i successivi proprietari, non essendo obbligati a risanare l’area ma solo a metterla in sicurezza, avrebbero proceduto alla bonifica solo in vista di un piano di recupero che la rendesse sostenibile economicamente. Il che avrebbe voluto dire dare all’area una prospettiva. Seconde case, comunità residenziali, alberghi, centri congressi, tante idee che negli anni sono transitate attorno a quell’area senza mai approdare a niente, come del resto è accaduto per l’altra ex area industriale che si trova lì vicino, la Sipe Nobel, un tempo fabbrica di esplosivi e oggi ennesima zona morta in attesa di un qualche futuro, nel frattempo buona per qualche rave party. Per la Sitoco il governo ha stanziato anni fa circa 34 milioni di euro. Ma la prima complicazione da risolvere riguarda il rapporto tra le competenze pubbliche su un’area che è quasi per intero privata, e sulla quale non sembra che ci siano al momento ipotesi di esproprio.
Tutto fermo quindi, nell’attesa di chiarire anche un altro aspetto che da parecchi anni tiene sotto scacco le possibili linee di sviluppo del territorio orbetellano. Ovvero, il Corridoio tirrenico. Accantonata l’idea di un’autostrada, anche l’adeguamento dell’Aurelia se eseguito in loco si troverà a fare i conti con queste due realtà, che si trovano proprio a ridosso della strada, soprattutto la Sipe Nobel. Insomma, un esemplare groviglio di competenze intrecciate e questioni irrisolte, che dagli anni Novanta ha lasciato, a pochi metri dalle case dai cittadini, i resti fatiscenti (e pericolosi) di un passato industriale che fa da sfondo alla laguna e ai suoi fenicotteri.