Le scelte (obbligate) e i giudizi su Italiano: è il turn over del tifoso

Vincenzo criticato anche dopo il buon pari con la Juve

La Fiorentina firmata Vincenzo Italiano ha pareggiato il match contro la Juventus

La Fiorentina firmata Vincenzo Italiano ha pareggiato il match contro la Juventus

Firenze, 7 settembre 2022 - Com’è flebile nel calcio il confine fra genialità e presunzione, fra bravura e pochezza, fra fantasia e testardaggine. Lo racconta bene la storia di Vincenzo Italiano, fino a poche settimane fa considerato "genio" del calcio e adesso messo in discussione da una parte della tifoseria viola. Non è bastato nemmeno il pareggio scintillante con la Juventus a cancellare quel borbottio di fondo che, dopo la sconfitta di Udine, s’era fatto tuonante. Certo i nove cambi del Friuli apparentemente erano sembrati materiale buono per un atto d’accusa stile Andrea Chenier.

Ma proprio da ciò nasce il tormento del mister: ma come, pare abbia detto ai collaboratori, avevo tre giocatori indisponibili (Bonaventura, Niko e Duncan), uno era sul filo del rasoio e infatti poi si è rotto (Milenkovic), due non erano fisicamente in grado di giocare (Dodo e Iovic) e mi si dà del presuntuoso semplicemente per avere fatto scelte imposte dal destino? Uno sfogo legittimo e condivisibile. Ma l’impressione è che Italiano, come altri allenatori in altre piazze della serie A, sia vittima di quella frenesia emotiva del tempo che brucia tutto in un attimo, facendo dimenticare meriti, successi, affermazioni anche del recente passato, in un culto dell’irriconoscenza che un po’ spaventa. Sì, il Calcio oggi non è come il Potere che logora chi non ce l’ha. Il Calcio consuma e divora chi ne è protagonista, incenerisce tutto e considera la memoria una variabile insignificante. Così poco importa che proprio il football eccessivo di Italiano abbia consentito alla Fiorentina lo scorso anno, dopo stagioni di niente cosmico, di fare 22 punti in più consentendo di agganciare l’Europa. Poco importa che quell’idea alta di calcio, quel senso collettivo del sacrificio abbiano saputo far lievitare il talento della rosa, anestetizzandone le debolezze.

Oggi si preferisce vedere l’altro lato del pianeta Italiano, e dunque il fatto che non cambi mai modulo, che non giochi mai col doppio centravanti, che si intestardisca sulle sue scelte senza mai cambiare idea, arrivando alla conclusione che per questo non sia allenatore di livello assoluto. Ora, per carità, il mister siculo-tedesco i suoi errori li ha fatti eccome e, visto il pedrigree, un po’ di esperienza a livello alto ancora gli manca per potersi definire compiutamente un grande allenatore. Ma andare oltre la critica legittima per aprire una sorta di processo al suo calcio sarebbe davvero troppo. Perché la rosa della Fiorentina di oggi è un prospetto di calcio pieno di cose buone ma anche di scommesse. Di giocatori in itinere cui dover pompare vento nelle ali per poterli vedere volare. E il campionato dello scorso anno, alla fine positivo proprio perché eccessivo e arrembante, ci ha ribadito come per fare ciò serva sì un buon allenatore, ma serva anche una piazza convinta che ne accompagni la crescita, un ambiente compatto che protegga dai venti contrari e ne favorisca il talento. Ecco: mettere in crisi un progetto affascinante di calcio per cedere allo spirito del tempo, quella si sarebbe la presunzione vera.

 

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