Ferlaino, il Napoli e Maradona. "Ci siamo regalati Ferrari e sorrisi"

Lo storico ex presidente del Napoli campione d'Italia si racconta. "Io, unico napoletano che non beve caffè"

Corrado Ferlaino a Firenze con la moglie Roberta (foto Marco Mori/New Pressphoto)

Corrado Ferlaino a Firenze con la moglie Roberta (foto Marco Mori/New Pressphoto)

Firenze, 11 aprile 2018 - "Mi mancava un uomo che convincesse gli altri a fare gol. Il Napoli stava vincendo lo scudetto, ma un motivatore ci voleva proprio, perché si arrivava fino a un certo punto e poi ci si fermava. Mi dissero che avrei trovato quello che cercavo a Barcellona. Decisi di andare in Spagna per fare una partita amichevole, ma a condizione ci fosse questo Diego Armando Maradona. Lui fece le bizze e quella volta non giocò. Ma io riuscii a parlare col suo impresario: l'avventura è cominiciata così".

Incontro a Firenze – ospite a Coverciano con la moglie Roberta per la settima edizione della Hall of Fame del calcio Italiano – Corrado Ferlaino, imprenditore, ingegnere e dirigente sportivo, ex proprietario del Napoli. Un signore di altri tempi, galante, sorridente: lo stesso che si impose all’attenzione delle cronache quando, nel lontano 1969 riuscì ad essere eletto presidente del Napoli, spodestando - di fatto - la famiglia Lauro dai vertici societari. Famoso oggi come ieri, ossequiatato dal mondo e non solo dal calcio. Ferlaino; un nome ha raggiunto il suo massimo fulgore negli anni ’80, con la militanza in maglia azzurra di questa scoperta pazzesca per il calcio mondiale, Diego Armando Maradona, vincendo col Napoli due scudetti, una Coppa Uefa, una Coppa Italia ed una Supercoppa italiana. E va ricordato che durante la sua gestione il Napoli aveva già vinto una Coppa Italia ed una Coppa di Lega Italo-Inglese.

Ferlaino che rapporto aveva con Maradona?

(sorride) «Il rapporto con Maradona era molto carino; lo ricordo al Napoli come un ragazzo gentile. Ma non ho mai avuto né voluto rapporti particolari coi giocatori. Una mia regola era che bisognava sempre dare del lei e tenere una certa distanza. Con Diego era la stessa cosa: lo vedevo come uno dei venti giocatori del Napoli. Dopo di lui arrivarono altri grandi calciatori, nomi come Careca, Bagni, Alemao hanno alzato il livello del Napoli fino allo scudetto del 1986.

E Maradona, osannato dal mondo, non l’ha mai considerato un campione?

Non ho vissuto in modo particolare nessuno dei giocatori che ho avuto vicino. Per me era importante vincere le partite di calcio, chi doveva controllare che tutto andasse bene, era l’allenatore. Questo era il suo ruolo: non c’è stato un rapporto speciale con me, né con lui né con altri giocatori. I dirigenti e i presidenti di squadre di calcio in particolare debbono mantenere una distanza.

E le famose "mattane" del super campione?

Di quel che combinava doveva rendere conto alla dirigenza che poi prendeva provvedimenti".

Vi siete mai scambiati regali?

Io gli ho regalato una Ferrari quando ha vinto il campionato del mondo in Argentina e Maradona a me qualche sorriso.

Ferlaino, lei ha cinque figli: Giulio, Tiziana, Luca, Cristiana e Francesca. Che rapporto ha con loro?

Ottimo: i miei figli sono tutto per me e quello che ho, anche i miei albeghi, l’ho passato a loro. Diciamo che è anche più comodo.

Le sue giornate come sono?

Lavoro, faccio progetti: in questo momento mi sto dedicando a una casa di montagna molto particolare. Anche in Toscana c’è qualcosa di mio, il porto di Chioma, a un passo da Castiglioncello. Anche se per dire la verità un’idea di porto c’era già. Ma l’ho reso navigabile e poi ci sono spiaggia e un residence.

Che passioni nutre un grande personaggio come lei?

Ho amato e amo l’automobilismo, mi piace guidare, ho sempre avuto Ferrari. Anche se ora ho svoltato e mi sono regalato una Mini Cooper che per la città va veloce ed è piccola, giusta per parcheggiare. Poi mi piace la nautica, penso di essere un marinaio competente. Adoro il mare e prendere il sole. Ah, sono l’unico napoletano che non beve caffè.

Quanto è stata sua la squadra del Napoli?

Le azioni le ho tenute per 33 anni.

Com’è che si decide di comprare una squadra di calcio?

C’erano delle persone che volevano fare una colletta per rilevare il Napoli e mi avevano coinvolto, dicendo che avremmo messo un tanto a testa. Un mio amico quasi mi costrinse a partecipare a questa colletta, ma appena visto che i miei ipotetici nuovi soci non si mettevano d’accordo, e che di venti ognuno voleva comandare, allora decisi di prendere io tutte le loro azioni.

Fu tutto suo subito?

Quella volta avevo comprato solo un terzo delle azioni poi ce n’era un altro terzo. E c’era Achlle Lauro che teneva un’altra quota: ma con lui si poteva ragionare e mi misi subito d’accordo.

Nostalgia dei tempi andati?

No, ti assicuro: il calcio per me è diventata una parola, tanti ricordi ma ho chiuso.

C’è una sensazione che la riporta a quei tempi?

La tensione che mi saliva a ogni partita, era terribile: per quello guardavo sempre e solo il primo tempo. Al secondo andavo via, perchè avevo paura che il mio cuore non avrebbe resistito.

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