Maddalena Crippa e il suo leggìo. Prova d'attrice inaugura il Teatro di Rifredi

"ll corpo più bello che si sia mai visto da queste parti", di Josep Maria Mirò, letto e interpretato da una delle più seguite e amate attrici teatrali

Maddalena Crippa

Maddalena Crippa

Firenze, 10 ottobre 2021 - Prima di cominciare, prima di tutto è stata commozione. «E’ il ritorno alla parola, all'ascolto, alla voglia di confronto, alla riflessione. E’ un  ritorno alla vita. E adesso, qui, in teatro, vivrete, vivremo  ancora». Il regista Angelo Savelli non nasconde l’emozione dal palcoscenico del suo – e di Giancarlo Mordini – Teatro di Rifredi riaperto al pubblico. Ed è con queste parole che introduce un’opera del drammaturgo catalano – presente in sala – Josep Maria Miró, "ll corpo più bello che si sia mai visto da queste parti", letto e interpretato da una delle più seguite, amate attrici teatrali, Maddalena Crippa.

Trattasi di una produzione di Pupi e Fresedde - Teatro di Rifredi che apre la stagione 2021/2022  e racconta di un villaggio in Catalogna, di un corpo straziato in mezzo a un campo, di segreti inconfessabili di un'umanità ferita dove i confini tra vittima e carnefice sono sfumati e ambigui come l’inconfondibile scrittura teatrale di Miró.

Scrivo  con amore e rispetto di Maddalena Crippa, interprete  con un non casuale ovviamente, prestigioso curriculum  capace di padroneggiare  la  scena davanti a un semplice leggìo, un bel numero di registri interpretativi. Con non poco sforzo ma con una spontaneità da professionista Crippa dà voce  ai cinque personaggi principali – Albert, il ragazzo più bello del circondario, Antònia, sua madre, Júlia, la direttrice del Liceo, Ricard, un rozzo falegname, e il trans Eliseu–  e anche ai due personaggi secondari. Una semplice  lettura, si dirà: perchè questa è stata. Ma  c’era  qualcosa di più in quelle parole, che riguarda un sentimento forte e primitivo.

Maddalena Crippa attraverso le  sue voci delinea i temi cari al l’autore e affronta  l’ipocrisia sociale, le responsabilità individuali, le paure collettive, il senso di colpa e la sua rimozione, l’ambiguità della verità, l’infanzia violata. Una grande prova di attrice allestita con una semplicità disarmante – propria di un regista essenziale  come Angelo Savelli – ed è anche questo uno dei punti di forza di questo spettacolo da vedere. La vita come  argomento dominante, come azione di contrasto. Avevamo  bisogno di perderci in questo momento: di vedere al lavoro l’incanto premeditato del racconto e dell'ascolto. Così è stato.

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