
Giovan Battista Fabbri con Paolo Rossi
Firenze, 3 giugno 2015 - Forse se Paolo Rossi non lo avesse incontrato all'inizio della sua carriera, l'Italia non avrebbe avuto il suo 'Pablito' nazionale e, chissà, nemmeno il terzo mondiale della sua storia. A modo suo, Giovan Battista Fabbri ha davvero svolto un ruolo fondamentale per la storia della Nazionale di calcio azzurra.
Protagonista di un calcio ormai scomparso, Fabbri, l'allenatore che lanciò Paolo Rossi nel Lanerossi Vicenza, è morto nella sera di martedì due giugno, all'età 89 anni. Il mister era nato a San Pietro in Casale, in provincia di Bologna, l'8 marzo 1926. Dopo una carriera da calciatore fra Modena, Messina, Spal, Pavia e Varese, ha girato l'Italia come tecnico, per oltre trent'anni dal 1957 al '93. Dalla Spal al Varese, dal Livorno al Piacenza, poi Ascoli, Cesena, Reggiana, Catania, Catanzaro, Foggia e Bologna, predicando un gioco innovativo per l'epoca, che si ispirava al 'calcio totale' olandese.
Il periodo d'oro da allenatore Fabbri lo visse appunto sulla panchina della Lanerossi con il futuro 'Pablito'. Fu ingaggiato nel 1976 dal presidente del Vicenza, Giuseppe Farina, e fu proprio Fabbri a spostare Rossi dal ruolo di ala destra a quello di centravanti in cui il calciatore esplose fino a diventare campione del mondo nel 1982. Con il Lanerossi conquistò nell'arco di due anni una promozione in Serie A e quindi nel 1977-1978 uno storico secondo posto nella massima serie alle spalle della Juventus. Risultati che gli valsero il prestigioso riconoscimento del Seminatore d'Oro come migliore allenatore italiano dell'anno.
«Fabbri era un grande. È stata una persona fondamentale per la mia carriera, e per me era come un padre, sotto tutti i punti di vista. Gli volevo bene». Paolo Rossi ricorda così il tecnico che creò il Vicenza dei miracoli e trasformò in 'Pablitò colui che fino a quel momento era stato un talento delle giovanili della Juventus. «Fabbri è stato quello che mi ha scoperto dal punto di vista tecnico, cambiandomi ruolo e vedendo in me qualcosa di diverso e doti che altri non avevano visto. Fu lui che mi trasformò da ala in centravanti, e i fatti gli diedero ragione».
Ma quello che legava Rossi a Fabbri era un legame che trascendeva il rapporto tra mister e calciatore. «Era una persona squisita - ricorda il trascinatore dei Mondiali '82 - e a Vicenza mi aiutò in tutto e per tutto. A volte mi invitava a mangiare a casa sua, e ci siamo frequentati anche quando ho smesso di giocare. Il nostro era un rapporto quasi come tra padre e figlio e tra noi c'era un affetto forte».
Anche per Rossi, Fabbri fu un innovatore del calcio nostrano: «Al Vicenza fu un precursore: erano gli anni in cui si parlava di calcio totale, e lui ci faceva giocare in quel modo, un calcio tecnico in cui voleva che tutti partecipassero all'azione. È stato fra quelli che ha cambiato l'immagine del calcio all'italiana sparagnino».