Firenze, 6 febbraio 2024 – Mario Bernardi Guardi, scrittore e giornalista, nonché conferenziere e già presidente di prestigiose istituzioni culturali come l’Accademia dell’Ussero di Pisa, ha dato alle stampe ‘Io è un altro. Il ragazzo Rimbaud’ (Mauro Pagliai Editore), un’opera in cui il “poeta maledetto” sembra trascinarci nel suo mondo attraverso un lungo flusso di coscienza. Breve ma intensissima, erratica e a tratti scandalosa, ma superba e irripetibile per traguardi artistici e vette di pura genialità: l’esistenza di Arthur Rimbaud è essa stessa un romanzo. E proprio in questa forma ce la racconta il giornalista scrittore Mario Bernardi Guardi nelle pagine di quest’opera. “Io mi chiamo Arthur Rimbaud. Sono francese. Nato a Charleville, alla frontiera col Belgio, lungo le rive della Mosa. I miei antenati erano celti, forti e fieri. Il presente non gli somiglia…”. L’inizio della narrazione ci presenta un Arthur nelle vesti di liceale scapestrato, a tratti ribelle e sboccato, diviso tra le passioni giovanili – come l’attrazione per le ragazze o il sarcastico disprezzo per Napoleone Bonaparte – e le difficoltà della situazione familiare, segnata dall’assenza del padre e dai rapporti tesi con una madre austera e severissima. Il racconto continua con le tappe più emblematiche del suo percorso umano: i primi folgoranti successi scolastici e letterari, il sodalizio col professore di retorica Georges Izambard, i numerosi viaggi. E naturalmente l’amicizia con i poeti maledetti, specialmente Paul Verlaine, assieme al quale darà vita a un linguaggio del tutto nuovo, dissacrante e moderno, che scardinerà le convenzioni dell’Ottocento. Quando si accinge a scrivere la sua ultima opera, Una stagione all’inferno, Rimbaud ha soltanto diciannove anni. Morirà a trentasette, lasciando una traccia indelebile nella storia della poesia. “Io adesso ho finito e non so quel che incomincio”, troviamo scritto nell’ultima pagina del libro. Ma come ebbe a dire il filosofo Emil Cioran, “tutto è inconcepibile in Rimbaud, tranne il suo silenzio. Ha cominciato dalla fine”. Dura poco, la vita di Rimbaud, e pochissimo la sua attività poetica: quando si accinge a scrivere la sua ultima opera, Una stagione all’inferno, ha soltanto diciannove anni. Eppure c’è molto da raccontare: l’infanzia segnata dall’abbandono del padre e dalla severità della madre, i primi successi scolastici, il sodalizio col professore di retorica Georges Izambard, i numerosi viaggi. E naturalmente l’amicizia con i poeti maledetti, specialmente Paul Verlaine, assieme al quale darà vita a un linguaggio del tutto nuovo, dissacrante e moderno. Questa biografia, che ha il ritmo e l’ispirazione di un grande romanzo, restituisce i tormenti insanabili, la voglia di fuga dalla mentalità borghese, l’irrequietezza di uno spirito forse troppo sensibile, ma allo stesso tempo segnato da un’abbagliante, allucinata genialità. Maurizio Costanzo
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