
Giampiero Parete, il cuoco sopravvissuto al Rigopiano con la famiglia (Ansa)
Firenze, 24 gennaio 2017 - I vigili del fuoco dell'Usar di Firenze e Pisa sono tornati dall'Abruzzo dopo aver lavorato 5 giorni senza sosta all'hotel Rigopiano.
Le immagini e i ricordi dei primi soccorritori dei vigili del fuoco entrati nei resti dell'hotel di Rigopiano saranno fondamentali anche per il pm titolare dell'inchiesta. Gli uomini dell'Usar di Firenze e Pisa, tra i primi ad entrare in quella montagna di cemento e neve, ne sono consapevoli e, anche se il primo loro pensiero è sempre quello di salvare quante più vite possibile, all'interno della squadra ci sono gli esperti di topografia applicata al soccorso (il nucleo Tas).
Il loro primo lavoro consiste proprio nel ricostruire gli spazi per aiutare i colleghi a muoversi all'interno degli stretti cunicoli per cercare superstiti ed eventuali vittime, ma anche predisporre carte e relazioni che poi saranno trasferite alla procura competente. A spiegare questo lavoro è l'ingegner Nicola Cianneli, team leader della squadra Usar di Firenze e Pisa, rientrato ieri sera a Firenze con i 33 colleghi che per 5 giorni hanno lavorato.
"È chiaro che fin dal primo momento lavoriamo sapendo bene anche quanto servirà al pm e cosa ci chiederà": dai telefonini ritrovati sotto le macerie "fino ai luoghi precisi in cui sono stati ritrovati i superstiti e i corpi di quanti non ce l'hanno fatta", spiega Cianneli. Lui non entra, volutamente, nei particolari e preferisce evitare dichiarazioni sulla localizzazione dell'ormai ex hotel: il nostro lavoro è solo di supporto al magistrato. Ogni tipo di valutazione sulla sicurezza dell'hotel nei giorni e nei mesi precedenti "non spetta a noi".
"I vigili del fuoco, in una tragedia come questa - prosegue Ciannelli ricordando che hanno anche compiti di polizia giudiziaria - devono piuttosto pensare a dove sono stati trovati vivi i bambini, alle posizioni dei due fidanzati Giorgia Galassi e Vincenzo Forti, a come hanno retto i muri di cemento e le altre strutture più o meno portanti. Tutte notizie importanti per capire cosa è successo".
Negli occhi dei vigili del fuoco la stanchezza è ancora evidente: "Poco, poco di tutto", rispondono a chi chiede loro quanto sono riusciti a dormire e mangiare nei cinque giorni in cui hanno lavorato alla ricerca dei superstiti della valanga che si è abbattuta sull'hotel di Rigopiano. Ma in tutti loro c'è la gioia di aver contribuito a salvare delle vite, e il rammarico per quanti invece non ce l'hanno fatta.
Per tutti parla Riccardo Leoncini che con due colleghi, uno di Torino e uno di Pisa, era all'interno di uno dei cunicoli che i vigili del fuoco hanno aperto per entrare all'interno della struttura quando "abbiamo sentito la voce della signora Adriana (nella foto), che era in uno spazio angusto con il figlio Gianfilippo", e lei "era in contatto con la figlia e gli altri due bambini, ma non riusciva a vederli, e aveva sentito pure i due fidanzati, Vincenzo Forti e Giorgia Galassi".
"L'adrenalina in quel momento sale e devi stare ancora più attento a non fare mosse avventate che potrebbero mettere a rischio le persone che vuoi salvare e noi stessi - aggiunge Leoncini che vorrebbe citare uno per uno tutti i colleghi che erano lì con lui - perché tutti hanno avuto un ruolo".
Di quel momento ricorda in particolare gli occhi di Gianfilippo, "sembravano quelli di un gufo, di una civetta», spiega per evidenziare come il piccolo ha reagito alle luci dopo 48 ore passate nell'oscurità. Leoncini è sposato e ha una figlia di 17 anni e spesso il pensiero, in quei momenti, va a loro: "Ci pensi e contemporaneamente cerchi di non pensarci. A volte, però, è proprio il loro pensiero che ti spinge a cercare di salvare altre vite", conclude. Del resto, come spiega il team leader della squadra Usar, l'ingegner Nicola Ciannelli, "la paura è un sentimento che deve accompagnarci e ci accompagna sempre. Anche questa fa parte del nostro addestramento", conclude.