
di Barbara Berti
"Un’opera che racconta la vicenda umana, tra la Russia e gli Stati Uniti, di un emigrante che non ha mai accettato la sua rincorsa verso una libertà difficile da digerire, ma che soprattutto ha dovuto barattare con la distanza e inevitabilmente con la nostalgia". Così l’attore Giuseppe Battiston (54 anni) presenta ’La valigia–In viaggio con Dovlatov’, monologo di cui è protagonista, in scena alla Pergola da oggi al 26 marzo (ore 21, giovedì ore 19 e domenica ore 16). Lo spettacolo è tratto da "La valigia" di Sergej Dovlatov, con la traduzione di Laura Salmon e l’adattamento di Paola Rota (che firma anche la regia) e dello stesso Battiston, per una produzione ’Gli Ipocriti-Melina Balsamo’. Scrittore, giornalista e reporter per "The New American", giornale di emigrati ebrei in lingua russa, morto in esilio negli Stati Uniti poco dopo la caduta del regime sovietico, Dovlatov raccoglie nella ’Valigia’ tutti gli oggetti che porta via quando decide di lasciare per sempre la sua Leningrado: a ogni oggetto corrisponde un episodio e un personaggio della sua vita vagabonda.
Ma come si fa a capire, indovinare i pensieri di un emigrante alla vigilia di una partenza che porta il marchio dell’irreversibilità? "Esiste un gioco, una sorta di test psicologico, che si avvicina a quella simulazione impossibile – spiega la compagnia teatrale -. Si devono scrivere su un foglio 12 cose che si porterebbero con sé, per sempre. Una volta fatta la lista, a ogni due cose va associato un ricordo. A ogni due ricordi, un sentimento. Il sentimento dominante indica quello stato d’animo. Quando si parte per non tornare mai più, come si guarda ad ogni oggetto che si lascia? E soprattutto, come si guarda a ogni oggetto che si prende con sé?".
Da queste premesse nasce una storia dissacrante, ironica, di amore e odio verso un paese che si lascia. Lo spettacolo, infatti, si articola in un continuo andirivieni tra presente e passato, usando come dispositivo di racconto uno studio radiofonico, attingendo alla storia di Dovlatov. Ne nasce una carrellata di personaggi, quasi fantasmi, che riemergono da una memoria tanto lontana quanto vivida: uomini e donne raccontati con i filtri della distorsione e della comicità. "È un microcosmo variegato tanto realista quanto malconcio, ma sempre – dice Battiston – estremamente poetico nelle sue rappresentazioni. Sono i reietti, i poveri, i delinquenti, le carogne, come le chiama Dovlatov, da cui l’autore è irresistibilmente attratto. E non è l’unico perché questi personaggi affascinano anche a me".