"Perdonate... ma ogni giorno la stessa storia! Sono una pendolare che paga l’abbonamento ogni mese, anche se il servizio non viene svolto nemmeno secondo il minimo da carta dei servizi.
Perché trattate i pendolari in questo modo?!?"
Francesca vive alla Rufina e, ligia alle raccomandazioni sull’uso dei mezzi pubblici, ogni mattina prende, pardon, tenta di prendere il treno per venire a lavorare in città.
Ma una mattina col percorso netto non se lo ricorda. E poi ci sono i giorni davvero infernali, come quello di lunedì scorso.
"Ho timbrato il cartellino al lavoro alle 17.24 e alle 19 ero ancora alla stazione del Campo di Marte ad aspettare un qualunque treno che mi porti a casa, alla Rufina! Mi spiegate perché non si riesce a gestire questa situazione? Ma non vi vergognate, dico a quelli che ci governano?", prosegue Francesca, reduce da un mese di luglio passato a combattere fra treni cancellati e altri con ritardi scandalosi. "Tutto questo con l’aggiunta che una volta saliti in carrozza non abbiamo l’aria condizionata e non abbiamo mai neanche una spiegazioni sui ritardi e sui disservizi. Quanto pensate debba andare avanti, chiedo a chi ci amministra, a questa situazione?".
Domanda retorica. Francesca lo sa che nella migliore delle ipotesi arriveranno scuse, promesse di investimenti e rassicurazioni che da settembre andrà meglio.
Forse, chissà. Ma intanto a coloro che devono organizzare il servizio, Francesca ricorda qual è la giornata tipo di una pendolare nata in campagna, come dice lei, vissuta 10 anni in città, e poi tornata ad abitare alla Rufina per stare nel verde e fuori dal caos fiorentino.
"In un mondo quasi perfetto, eccetto il trasporto pubblico, si comincia alle 7.13, di corsa, con il treno con qualche minuto di ritardo ogni santa mattina - racconta –. Poi scendo ed al volo vado in tranvia. Al rientro calcolando le 8 ore in ufficio, scatto tipo centometrista per riprendere la tramvia, arrivo in stazione e il treno o è in ritardo, o è soppresso, o non si sa dove sia finito, neanche i binari non fossero sempre gli stessi. Insomma, ce n’è sempre una, senza spiegazioni". Beffa finale: con un rimborso per disservizio che arriva dopo tre mesi e ammonta (udite udite) a 10 euro su 66 di costo.
"Quindi, riassumendo – conclude Francesca –, ti svegli alle 6, lavori 8 ore e stai fuori 12".
Olga Mugnaini
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