La sentenza che ha condannato al risarcimento di oltre 17mila euro una coppia di genitori, perché il figlio ha spinto e provocato la rottura delle braccia di una altro ragazzino, è destinata a far discutere. Nelle motivazioni date dalla giudice del tribunale civile di Firenze, Micaela Picone, viene contestata ai due la culpa in vigilando, ovvero il loro omesso controllo sul ragazzo di 12 anni in quanto in quel momento assenti ai campetti di gioco di via Circondaria. Curiosa anche la spiegazione data su questa specifica decisione: "Ove i genitori fossero stati presenti sarebbero tempestivamente intervenuti evitando che il proprio figlio spingesse il minore". Mentre la culpa in educando, in questo caso, viene meno, perché ignoti sono i motivi della discussione tra i due giovanissimi, e quindi sono difficili da inquadrare le mancanze genitoriali in termini di insegnamenti.
In definitiva, l’unica ’colpa’ dei genitori è stata quella di non essere presenti al parchetto. Anche se, secondo le testimonianze, qualcuno della famiglia a supervisionare il giovane era presente: la nonna. La donna viene citata in un passaggio della sentenza per poi sparire dal radar e non essere più menzionata.
Che ruolo ha avuto e quale avrebbe dovuto tenere? Non è riconosciuta come una figura di controllo e ’vigilanza’ su un minore? Domande alle quali non è stata data risposta e sulle quali la giudice non ha fornito una sua interpretazione. Addossando invece la responsabilità unica dei comportamenti del 12enni ai due genitori, che non hanno sbagliato tanto sul punto di vista educativo, quanto su quello della loro presenza accanto al figlio.