Sos della Misericordia. La Corte dei Conti chiede 34 milioni. Incubo crac finanziario

La vicenda nasce dal processo penale al quale la Confraternita è estranea. Ma la magistratura contabile calabrese contesta il danno erariale. per non aver vigilato sui conti del centro migranti di cui era gestore.

La Confederazione delle Misericordie trema. Perché in ballo c’è un esborso multimilionario che, se dovesse cascare tra capo e collo come richiesto dalla magistratura contabile calabrese, farebbe rischiare il default.

Per capire che cosa è accaduto bisogna fare un salto indietro nel tempo. In una vicenda molto intricata e decisamente brutta. Risalendo alla mega inchiesta della Dda di Catanzaro che, nel maggio di sette anni fa, portò all’operazione denominata Jonny, destinata a fare luce sugli affari della cosca Arena di Isola Capo Rizzuto legati al centro d’accoglienza per i richiedenti asilo Sant’Anna, del quale la Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia era ente gestore.

Al netto della complessa vicenda penale, arrivata in Cassazione e ripartita per diversi rivoli – con annullamenti e revisioni, e la necessità di un appello bis –, in cui "Misericordie è sempre stata parte civile, quindi danneggiata", spiega Alberto Corsinovi, presidente delle Misericordie della Toscana, c’è un’inchiesta parallela condotta dalla procura della Corte dei Conti di Catanzaro che fa tremare il colosso del terzo settore per le cifre in ballo.

Perché del danno erariale da 34 milioni di euro contestato dalla sostituta procuratrice Maria Gabriella Dodaro, a suo parere devono rispondere non solo i personaggi coinvolti nel processo penale, Leonardo Sacco, ex governatore della Misericordia di Isola Capo Rizzuto e vice della Confederazione nazionale, nonché l’ex parroco locale Edoardo Scordio, ma in via sussidiaria, anche la Confederazione nazionale delle Misericordie alla quale toccherebbe un risarcimento del 50% del totale, quindi 17 milioni, e gli ex presidenti: il grossetano Roberto Trucchi e il lucchese Gabriele Brunini, ciascuno chiamato in causa nella misura del 25%, quindi per 8,5 milioni a testa.

Sarebbe una bella batosta. Ma perché la Corte dei Conti chiama in causa la Confederazione nazionale e i suoi ex presidenti? L’accusa è quella di non aver vigilato sulla rendicontazione.

Oggi è una giornata chiave per quanto riguarda il futuro finanziario della Misericordia che ha presentato alla Corte dei Conti calabrese un elenco di eccezioni per difetto di giurisdizione. Se in udienza oggi ci sarà un accoglimento di almeno una delle eccezioni il futuro potrebbe essere meno nero del previsto. Se invece si dovesse arrivare in fondo con la richiesta effettiva di queste cifre "sarebbe il disastro", per stessa ammissione dei vertici di Misericordie.

Un breve sunto per capire da dove origina la vicenda. Penalmente, nel processo d’appello bis in abbreviato, nato dall’inchiesta Jonny, nel febbraio scorso, il pm della Dda di Catanzaro, Domenico Guarascio, ha chiesto 45 condanne tra cui quelle di Leonardo Sacco e don Edoardo Scordio. Per la Procura antimafia, nel gestire il centro, si sarebbe convogliato denaro pubblico "verso le casse" del clan. Tant’è che Leonardo Sacco e don Edoardo Scordio – in base a quanto sostengono gli inquirenti – avrebbero stretto un patto criminale per drenare illecitamente 36 milioni di euro sui 103 ricevuti tra il 2006 e il 2015 dalla Confraternita per occuparsi del centro d’accoglienza per richiedenti asilo. Invece per la procura della Conte dei Conti la Misericordia dovrebbe pagare per non aver vigilato.

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