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Sdogati in aula: "Mai interferito per gli incarichi dell’avvocato"

All’udienza preliminare a Firenze la difesa del giudice accusato di corruzione chiede l’inutilizzabilità di tutte le intercettazioni. Il pm Tescaroli ribatte: "Deve essere processato: i dialoghi corpo del reato"

"Non ho mai interferito per l’inserimento dell’avvocato Bertoldi nelle liste dei delegati alle vendite, ho solo segnalato al collega il suo nominativo ma non sono mai stato a conoscenza degli eventuali accordi tra l’avvocato Pompei e il collega di studio. Il mio comportamento di giudice si è sempre ispirato alla totale trasparenza e imparzialità". Tommaso Sdogati, il giovane giudice spoletino accusato di corruzione e sospeso dal servizio dal Csm si è difeso così ieri mattina davanti al gup di Firenze Maurizio Caivano che deve decidere sulla richiesta a rinvio a giudizio avanzata dal procuratore aggiunto Luca Tescaroli all’esito dell’indagine sul magistrato, sulla fidanzata Nicoletta Pompei e sull’avvocato Mauro Bertoldi, quest’ultimo coinvolto in altre due indagini: prostituzione e falsi permessi di soggiorno.

Sdogati, difeso dagli avvocati Guido Rondoni e Roberto Erasti, ha preso la parola in aula per spontanee dichiarazioni. Anche Bertoldi – assistito dagli avvocati Maori e Giglio - ha parlato scusandosi con il giudice per averlo tirato in ballo con le sue dichiarazioni intercettate, nonostante non avesse mai fatto nulla per favorirlo. Il legale ha sostenuto che l’accordo con la collega per spartirsi i compensi era a ’monte’ e non legato ai contestati favori.

Ma è proprio sull’utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche che si è concentrata l’arringa difensiva. Secondo Rondoni, in particolare, tutti i dialoghi agli atti del processo sono da ’cassare’ perché spiati dalla procura di Spoleto in un altro procedimento, ovvero l’indagine sulla morte, in cantiere, del fratello del legale di Todi. Di lì la trasmissione di una parte delle intercettazioni alla procura fiorentina, competente a indagare sulle toghe del Distretto umbro. Le difese hanno ricordato anche la sentenza della Cassazione, già nei mesi scorsi, aveva azzerato la contestazione di traffico di influenze ritenendo l’inutilizzabilità delle intercettazioni. Nel merito l’avvocato Rondoni ha sottolineato che non ci fu alcun pressione: nè per far inserire il nominativo negli elenchi (archiviata la posizione della cancelliera), né per far nominare Bertoldi dal collega. La ’raccomandazione’ ci fu e Bertoldi fu nominato, come ha ammesso lo stesso Salcerini, la cui posizione è stata archiviata ma lui non ne tenne conto.

Ma Tescaroli ha sollecitato il gup a rinviare a giudizio Sdogati, Pompei e Bertoldi ritenendo che le intercettazioni sono comunque corpo del reato di corruzione. Secondo la ricostruzione accusatoria il legale ’corruttore’ "si impegnava a erogare alla collega di studio Pompei legata sentimentalmente con Sdogati le somme provenienti dagli incarichi di delegato alle vendite ricevuti nell’ambito delle esecuzioni immobiliari pari al 50% della remunerazione delle consulenze ricevute perché Sdogati – è l’imputazione – metteva loro a disposizione i suoi poteri e la sua funzione di magistrato".

Eri.P.