Rsa, fine dei ristori Covid "Rischiamo di chiudere"

L’appello del comitato di coordinamento delle strutture per anziani. L’analisi: "Tariffe ferme al 2011 e costi lievitati: così è impossibile reggere"

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"Fra 10 giorni finiranno i ristori Covid riservati alle Rsa e dal 1° luglio non saremo più in grado di garantire i servizi di sempre: rischiamo di non reggere". A lanciare un nuovo grido d’allarme, l’ennesimo da quando è esplosa la pandemia, è Maurizio De Scalzi, alla guida del comitato di coordinamento dei gestori delle Rsa toscane, le residenze sanitarie assistenziali che ospitano anziani e persone non autosufficienti. "Abbiamo tariffe ferme a 11 anni fa – spiega De Scalzi – a fronte di costi cresciuti in modo esponenziale sia per le esigenze legate al Covid che per i generali rincari degli ultimi mesi. In questo contesto difficile, le nostre richieste di aiuto continuano a cadere nel vuoto. Diamo atto alla Regione e all’assessora Spinelli di averci ascoltato in varie occasioni, ma la situazione è drammatica e richiede misure immediate e risolutive". Per dimostrare la gravità del problema De Scalzi elenca i numeri. "Su 12.800 posti letto in Rsa accreditati in Toscana – dice – le quote sociali erogate sono fra le 8.500 e le 9.000, quindi migliaia di posti letto restano scoperti. Questo significa che o sono vuoti oppure le famiglie sono costrette a coprire da sole i costi, a volte arrivando a vendere casa. Eppure, contemporaneamente, la Regione accetta che nascano nuove Rsa per un totale di 4mila posti letto in più, che saranno probabilmente disponibili fra un paio d’anni. Non solo: con il Pnrr si vogliono costruire gli ospedali di comunità che andrebbero a organizzare servizi molto simili a quelli delle Rsa. Infine non troviamo infermieri, visto che sono stati tutti assunti dalle strutture pubbliche per l’emergenza pandemica. Se tutti questi fattori non cambieranno, rischiamo di chiudere e di dover mandare a casa buona parte dei 15mila nostri addetti, fra dipendenti diretti e collaboratori. Resta incomprensibile come la Regione, che giustamente apre tavoli di crisi per aziende con 100 o 200 dipendenti, non colga la gravità di questa situazione".

Sempre secondo i gestori il quadro è peggiorato dalla fine dello stato di emergenza. "Dal 1° aprile – spiegano - i maggiori costi in caso di contagi nelle Rsa gravano sul budget per la residenzialità, ossia sulla cifra stanziata per le quote sanitarie. E la situazione è resa più complessa della necessità di continuare a organizzare le bolle Covid. A marzo scorso abbiamo accolto con favore la delibera regionale sulla proroga al 30 giugno dei ristori Covid per le Rsa e i centri diurni. Oggi però quel provvedimento è, purtroppo, puramente teorico, visto che le maggiori spese vanificano gli aiuti. In più, regna la totale incertezza per ciò che accadrà dopo".

Lisa Ciardi

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