FIRENZE
Come nei film horror, una scena agghiacciante, pulp, un cadavere fatto a pezzi messo e ritrovato dentro una grossa valigia. Ma stavolta l’immagine è reale. La macabra, inquietante scoperta nel tardo pomeriggio-sera di ieri, in un piccolo appezzamento di terra coltivato compreso tra il retro dell’area perimetrale del carcere di Sollicciano e la Fi-Pi-Li, periferia sud ovest.
E’ stato il proprietario del campo a notare, a trovare la valigia, di quelle molto rigide. Stava andando a curare i suoi ortaggi, a ripulire un po’ il terreno e un fosso dopo le piogge di questi giorni. Si è incuriosito quando ha notata la valigia, al di là del recinto delle sue colture, ma vicina a un fosso che è quasi a ridosso della superstrada. Prima – ha detto – non l’aveva vista. O non ci aveva fatto caso per la vegetazione un po’ più alta prima delle piogge battenti di questi ultimi giorni. Circostanza importante per le indagini: cercare di capire quando potrebbe essere stata lasciata lì la valigia. Lasciata: più facilmente presa dal bagagliaio di una macchina accostatasi al guard rail della Fi-Pi-Li e scaraventata giù.
Il coltivatore s’è avvicinato, colpito dalle dimensioni della valigia. L’ha aperta e ha visto quella massa informe e nauseabonda. Ha fatto un balzo indietro, con raccapriccio, si è un po’ ripreso e finalmente ha chiamato i carabinieri. Sul posto militari del nucleo investigativo del comando provinciale con il tenente colonnello Carmine Rosciano e il maggiore Angelo Murgia più colleghi della compagnia Oltrarno. Procede il sostituto procuratore di turno, Ornella Galeotti.
Un insieme informe, indefinito, qualcosa di sferico che potrebbe essere una testa, pezzi che una volta ‘rimessi insieme’ non si sa se basteranno a ricomporre ‘per intero’ la persona che fu. Ancora: brandelli di tessuto. Vestiti, forse. O una coperta. Altro ancora di indefinito. L’idea che quella valigia potrebbe essere stata lì da diverso tempo.
Il medico legale Stefano Pierotti sul momento avrebbe potuto solo confermare che quelli sono resti umani. Avrà forse ipotizzato la razza, caucasica o no. Quei resti, è stato detto dagli investigatori, sono ‘saponificati’. La saponificazione è "fenomeno cadaverico trasformativo, di genere conservativo. Se il cadavereresta a lungo in acqua corrente e fredda oppure in terreni molto umidi con una scarsa ventilazione, oltre alla macerazione si può realizzare, appunto, la saponificazione, da azione batterica. Si forma una sorta di involucro viscido, aspetto cretaceo, molle, dopo friabile: mantiene l’aspetto esterno del cadavere e una discreta conservazione degli organi interni". Specie in un ‘contenitore’ sigillato e minima presenza di ossigeno. Qualche mese, poi il cadavere comincia a sgretolarsi e a depezzarsi. Ma qui parlare di cadavere, residui di organi, sembra esercizio improbo. Anche se solo un’autopsia potrà dare risposte inequivoche su caratteri genetici, sesso della vittima, forse cause del decesso. Estrarre un profilo genetico da comparare con quello delle persone delle quali è stata denunciata la scomparsa: potrebbe servire a dare un nome a quei resti. Magari a risolvere un giallo inesplicabile della scomparsa.
giovanni spano