Giovanni
Pallanti
Nella seconda metà dell’800, fino a inizio 900, c’erano pittori e scrittori toscani, che vivevano abitualmente soprattutto in inverno a Firenze. Uno di questi era il pittore Eugenio Cecconi (Livorno, 8 settembre 1842- Firenze, 19 dicembre 1903), che, pisano per cultura, andava sempre in Maremma per le sue due passioni: la caccia e la pittura. Nel 1913 il fratello di Cecconi scrisse una poesia in 11 quartine dedicata a Renato Fucini, l’autore delle ’veglie di neri’ ambientate nella campagna toscana. Olinto era un alto ufficiale della Regia Marina e ha lasciato numerosi diari di viaggio, scritti a mano e illustrati da splendidi acquerelli: prototipo di quella che sarà l’arte di Hugo Pratt, autore di Corto Maltese. Questa poesia era dedicata a Fucini, che aveva l’abitudine di ritrovarsi quasi ogni sera con gli amici nella Farmacia del Cinghiale in piazza del Mercato Nuovo. In occasione dei suoi 70 anni, in questa poesia dedicata a Neri Tanfucio, ovverosia Renato, racconta che suo fratello dopo avere mangiato una fetta di pane andava a caccia "e si stracannava per potere tirare alla lepre, alle starne, alla beccaccia e portava con sé per pitturaretutti gli aggeggi, quando andava a caccia". Questa poesia l’ha ritrovata in un vecchio libro un raffinato libraio ambulante, Filippo Biblioteca (sic), e subito mi è balzato agli occhi l’ambiente dei pittori macchiaioli e dei loro amici scrittori: vivevano all’aperto, frequentavano poco i salotti e s’incontravano in caffè e farmacie. Pensando a loro viene in mente un altro grande toscano che viveva come loro: Giacomo Puccini.