Non ha pagato la tattica di parlare per un’ora prima che la Corte si riunisse in camera di Consiglio. Mauro Moretti ha provato a far valere la sua innocenza e la sua estraneità ai fatti contestati, ma la Corte non ha ritenuto che l’ex ad delle Ferrovie sia semplicemente vittima di un teorema ordito dalla Procura di Lucca. Ha ritenuto che le sue responsabilità, come quelle di altri dirigenti delle ferrovie e delle società straniere, fossero state provate abbondantemente durante i 10 anni di dibattimenti nei vari gradi di giudizio.
Moretti non è era presenta alle lettura del dispositivo, ma il suo avvocato Ambra Giovine non nasconde delusione e amarezza. "La sentenza è molto deludente. Una condanna a cinque anni per un processo senza prove è veramente un teorema e questo non può che dispiacerci. Tradisce un’interpretazione di questa storia che non è quella reale. Leggeremo le motivazioni e poi faremo ricorso".
Ci aveva provato Moretti a cambiare il corso del processo con un autentico coup de theatre, ma il tentativo non ha avuto l’esito da lui sperato: "io sono stato l’autore di questa politica aziendale – ha detto Moretti nelle sue dichiarazioni spontanea prima della Camera di Consiglio – concretamente attuata e che vedeva sempre la sicurezza ferroviaria come assoluta priorità. Una politica dichiarata formalmente certa perché provata e documentata e per ciò rintracciabile in ogni sua parte (come è dimostrato dai vagoni di documenti agli atti di questo processo)".
Ma così non è stato per i giudici di primo, secondo e terzo grado. E ora anche con una quarta sentenza.