Massimo Ruffilli
Firenze, 18 agosto 2018 - «All'università il professor Riccardo Morandi ci insegnava che il cemento armato era il materiale del futuro. Oggi possiamo dire che non è così e che anzi quelle opere, mezzo secolo dopo, hanno tutte grandi problemi». Massimo Ruffilli, architetto e professore universitario in pensione, ripercorre quegli anni all’ateneo fiorentino con il progettista del viadotto collassato a Genova e getta uno sguardo sulle sue realizzazioni in città: i ponti San Niccolò e Vespucci.
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Ruffilli, cosa ricorda di Morandi professore?
«Fu chiamato dall’allora preside di facoltà Giuseppe Gori, perché avevano progettato insieme quei due ponti fiorentini in cemento. Ci dicevano che sarebbe stata la solzione del futuro».
E invece, mezzo secolo dopo cosa si può dire?
«Che è una scelta tecnica capolinea. I ponti in cemento, soprattutto quelli non rivestiti, sono sottoposti a un forte degrado».
C’è da temere per i ponti San Niccolò e Vespucci?
«Le due strutture sono ben piazzate: il Vespucci non ha grandi luci, con due pilastri in mezzo al fiume, così il San Niccolò anche se ha una luce sola. Da questo punto di vista sono abbastanza sicuri».
Però sono di cemento.
«Appunto, non è la pietra di Ponte Vecchio o Santa Trinita. E allora sicuramente è obbligatorio intervenire, perché l’usura del tempo è inevitabile».
Lei cosa farebbe allora?
«Intanto sono necessari monitoraggi continui. E per il futuro valutare, per tutti i ponti in cemento armato, se le opere di manutenzione non siano più dispendiose e meno efficaci rispetto a una sostituzione. Penso anche ai ponti sul tratto fiorentino dell’Autostrada del sole, destinati a sicuro e pericoloso degrado. Meno male che è arrivata la Variante».
Orlando Pacchiani
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