
Pitti Uomo alla Fortezza da Basso. Sopra Matteo Zoppas presidente di Ice
Con 63 miliardi di euro di merci esportate nel 2024, la Toscana si conferma quarta regione italiana per export, contribuendo per circa il 10% al totale nazionale. I segnali di rallentamento sono però evidenti: nei primi tre mesi del 2025 l’export ha registrato +8,2% sullo stesso periodo 2024, con settori chiave come abbigliamento (-19,6%), calzature (-20%) e metalli preziosi (-22%) in netta frenata. Ne abbiamo parlato con Matteo Zoppas, presidente di Ice-Agenzia, intervenuto all’inaugurazione di Pitti Uomo a Firenze.
Che fase sta attraversando l’export della moda italiana e toscana?
"Il primo trimestre 2025 evidenzia un calo del 5% a livello nazionale nel comparto moda, ma è un dato da interpretare. Non riflette l’intero quadro: alcune aziende stanno andando bene, altre faticano molto. In Toscana, dove la filiera è più esposta sul contoterzismo, e dove dunque perdere un contratto significa rischiare di non recuperarlo, il dato è più marcato. Solo per l’abbigliamento parliamo di un -19,6% di export nel trimestre. Però nel 2024 la regione aveva fatto +14% e per il 2025 va atteso l’andamento dei prossimi mesi per capire in che direzione stiamo andando".
Perché questo calo nei consumi nel settore moda?
"Si sta assistendo a un cambiamento del comportamento dei consumatori, più cauto sui prodotti di alta fascia. Sta crescendo moltissimo il mercato dell’usato, che oggi vale circa 150 miliardi di euro e potrebbe arrivare a 350 miliardi nel giro di due o tre anni. L’e-commerce è il canale che alimenta questa dinamica. È un cambio strutturale che impatta direttamente sull’acquisto del nuovo e sul posizionamento del Made in Italy".
Come si difende il sistema moda italiano in questo contesto?
"Serve più ’benzina’, più sostegno agli imprenditori. Ice, con il supporto della Farnesina e del Mimit, è in prima linea. Il ministro Urso ha stanziato 250 milioni per contrastare la crisi del settore moda in contratti di sviluppo, mini contratti di sviluppo, transizione green e digitale, formazione. C’è l’impegno, come richiesto anche dai sindacati, di riformare e rifinanziare gli ammortizzatori sociali. Su questo ci sarà un confronto anche con le regioni. Il ministro Tajani ha inaugurato le Giornate della moda Italiana nel Mondo affermando che uno dei principali motori per l’economia del settore sarà la promozione all’estero, grazie anche alla mobilitazione della nostra rete diplomatica. Un protocollo d’intesa è stato firmato con le principali associazioni di categoria. Stiamo portando avanti azioni sul territorio per aiutare le aziende in difficoltà – penso al caso La Perla – e promuoviamo business matching. Solo nel 2025 Ice porterà più di 600 buyer e quasi 300 giornalisti esteri a tutte le edizioni di Pitti. A questa edizione Uomo abbiamo portato 141 buyer strategici da 31 Paesi".
Vista l’incertezza sul mercato Usa, a quali mercati può rivolgersi il made in Italy?
"Gli Stati Uniti restano fondamentali. È un mercato che ’contamina’ altri Paesi, dove il nostro Made in Italy si è consolidato. Perderlo significherebbe ricostruire da zero. Allo stesso tempo guardiamo con grande attenzione ad aree strategiche come gli Emirati, l’Arabia Saudita, il Giappone, l’India, il Sudamerica e il Sudafrica. Il piano export promosso dalla Farnesina li ha indicati come prioritari e noi stiamo investendo per aprire strade in queste aree".
In sintesi, il sistema regge?
"C’è fiducia. Dal 2019 a oggi, nel solo settore della moda maschile c’è stata una crescita del 20%. Ora servono strumenti mirati per rafforzare la competitività, proteggere il valore del marchio, contrastare la contraffazione e non perdere la sfida globale. Ma il Made in Tuscany ha ancora carte forti da giocare".