
Pelù Da via de’ Bardi ai "Deserti" : "Anche Firenze fonte di ispirazione"
"L’ho chiamato ’Deserti’ perché è una parola che compare in almeno tre nuove composizioni dell’album. E’ un bel concetto quello dei deserti, è un luogo dell’anima che può essere sia infernale, che spirituale. E la desertificazione purtroppo la viviamo tutti i giorni. Basta pensare agli amici della Gkn che sono allo sciopero della fame. Se non si parla di desertificazione nel loro caso di che altro si può parlare ...". Dopo tante anticipazioni (fra cui il singolo "Maledetto cuore" e il brano "Novichok"), esce finalmente oggi in tutti gli store digitali e nei negozi, su etichetta Epic Records/Sony Music Italy, il nuovo album di Piero Pelù. Dodici canzoni che vedono un rocker in grande spolvero, che non vede l’ora di tornare a riabbracciare il suo pubblico di "ragazzacci" e rituffarsi con il nuovo repertorio nei concerti, abbandonati dallo scorso anno per colpa di uno choc acustico, dell’acufene che ancora oggi l’affligge. Per vedere Pelù dal vivo a Firenze con la sua band dovremo aspettare i due concerti in programma al Viper Theatre il 4 e 5 novembre, ma il cartellone è in aggiornamento e il tour intanto prende il via il 29 giugno da Spilimbergo.
Piero, che repertorio propone dal vivo?
"Le nuove dodici canzoni che si esprimono con linguaggio rock, mischiato con i suoni etnici e l’elettronica. Ovviamente sarà un tour totalizzante in cui ci sarà spazio per tutto il mio repertorio. Non mancheranno i pezzi dei Litfiba degli anni ‘80 e ‘90, ma anche quelle del mio repertorio solista che si collegano a quelle del nuovo lavoro, che giudico molto totale. C’è dentro tutta la musica che ho fatto nei miei primi 40 anni di musica".
Come si sente addosso la Firenze attuale?
"Se l’album si intitola ’Deserti’ è anche un po’ a causa di Firenze, una città che aveva mezzo milione di abitanti, fino a trenta anni fa e che oggi arriva a fatica a 380.000 persone è l’emblema di una desertificazione sociale. Non è una mia interpretazione, non c’è niente di soggettivo in questo: si sta parlando di numeri è la nostra città che si sta desertificando".
Dopo l’effetto Venezia, ora c’è l’effetto Firenze?
"Sì che lascia spazio a studentati per gente piena di soldi. Meno male che ci sono ancora piccoli club che resistono, dove i ragazzi possono andare senza spendere cifre assurde a divertirsi e a vivere la cultura underground, che per fortuna ancora resiste nella nostra città".
In una Firenze così, rinascerebbero i Litfiba?
"Probabilmente sì, anche se si vive una situazione molto meno interessante rispetto agli anni Ottanta. Firenze è una città molto ingessata. Sulle culture giovanili si muove meglio Prato, con Officina Giovani e tante altre realtà, compresa ovviamente l’arte contemporanea. Vorrei che Firenze si desse insomma una grossa mossa".
Nel brano Baby Bang ricorda la città con affetto?
"E’ una canzone che parla di un ragazzino disagiato degli anni Settanta che poi, da grande, ha deciso di fare la musica. Per questo ci sono tante citazioni fiorentine e della musica che ascoltavamo in quegli anni, dagli Stones, ai Beatles, a Celentano".