
Matteo
Firenze, 4 aprile 2019 - Galeotto fu lo spaghetto al dente. Anzi, il bucatino alla gricia. Sigillo d’amore. Come insegnano Lilli e il Vagabondo: per due innamorati che si lasciano flashare insieme al cinema alla prima di Dumbo, una specie di rito di iniziazione. Dalla prima tenera uscita pubblica a Roma con i popcorn in mano e le emozioni in gola, Francesca Verdini e Matteo Salvini non nascondono più il loro amore fresco ma evidentemente già tenace. Difficile tirare fuori le parole a chi li conosce. «Siamo cresciuti a pane, politica e silenzio stampa», la chiude lì con una battuta il fratello di lei, Tommaso.
Politicamente corretto? Non troppo, forse. Come ogni amore che sappia farsi rispettare, fa rumore in famiglia, scatena la curiosità della gente. D’altra parte lui è il vicepremier con la ruspa, il capitano della Lega d’oro e lei la rampolla brillante e giovane al punto giusto (26 anni contro i 46 di Salvini e un saldo di 20 al suo attivo) mica di un babbo Verdini qualsiasi, ma di quel Denis imprenditore in salsa politica che senza politica gli manca l’aria. Per l’imperatore a fianco di Berlusconi, poi consigliere e amico di Renzi, il ruolo di suocero del vicepremier sovranpopulista potrebbe andare strettino.
Cosa dice Denis? Shh. «Mia figlia è molto riservata e per carattere non rilascia interviste, figuriamoci se io inizio adesso e su questioni sue», toglie il punto interrogativo alle domande Verdini senior.
Però squassa gli equilibri del politically correct questo amore che nella politica ci sguazza dentro e che si intreccia col gossip in una trama ordita dalle chiacchiere del popolo e del transatlantico di Montecitorio, il corridoio in cui i cappottini si cuciono addosso a pennello, senza bisogno di prendere le misure.
Il primo incontro fra i due viene dato a Roma, al ristorante PaStation del fratello Tommaso, a due passi dalla Camera dei deputati, dove babbo Denis, a inizio marzo, avrebbe incontrato, in una saletta riservata, il ministro dell’Interno: la storia è recente. Sarebbe rimasto subito folgorato dalla bellezza di Francesca, non banale. Alta molto, lineamenti accentati, sorriso acceso, gambe lunghe e capelli castani a cascata composta sulle spalle. Cosa racconta il pianto delle prefiche lo vedremo poi, perché ora è il momento delle tenerezze all’ombra della Grande Bellezza. Non solo quella di lei, ma anche quella di Roma e di Firenze. Cornici spettacolari dei loro incontri.
Già, perché Francesca è fiorentina e a Firenze ha studiato a Poggio Imperiale dove ha fatto le scuole medie e il liceo scientifico, a un tiro da casa, su quelle colline di una mangnificenza sfrontata.
Se si vuol trovare un indizio premonitore nella storia di Francesca che potesse indicare questo incontro, bisognerebbe cercare in casa, in famiglia, nei diari di una ragazza cresciuta a pane e politica, ma anche fra le pagine della sua tesi di laurea alla Luiss di Roma in Economia e management. Il titolo è già un programma: Le difficoltà della costruzione economica europea.
Se i geni le hanno trasmesso un patrimonio di politica, Francesca ora cerca un altro futuro. Perché il suo obiettivo è avvicinarsi al mondo del cinema. Sembra che non le interessino ruoli da primattrice, ma sia piuttosto affascinata dalla sedia del regista e dal timone di comando della produzione. Per questo, come prima mossa, sta vagliando i ruoli da segretaria di produzione che le sono stati offerti per due importanti produzioni internazionali. E qui si spiega anche la prima di Dumbo.
Tutto torna nel cerchio magico, non giglio, cerchio dell’amore. Anche se il ruolo di Verdini padre, c’è da esserne abbastanza sicuri, non si fermerà a quello di assistente alla regia.