Cinque paesi fantasma a un'ora da Firenze: ecco dove si trovano e come arrivarci

Cinque borghi abbandonati in Toscana vicino a Firenze, tra storia, leggenda e panorami mozzafiato

Castiglioncello di Firenzuola

Castiglioncello di Firenzuola

Firenze, 3 agosto 2022 - Fino a qualche decennio fa, ancora a memoria d’uomo, erano vivi. Poi si sono svuotati, i più nel Dopoguerra per l’inurbazione delle popolazioni contadine, altri per difficoltà nel raggiungerli, altri ancora per cataclismi o per il sopraggiungere dell’opera dell’uomo. Fatto sta che anche la Toscana ha i suoi paesi abbandonati, borghi fantasma dove il tempo pare si sia fermato. Impossibile non rimanere affascinati da questi luoghi che raccontano ancora storie di uomini e donne che quegli edifici li hanno costruiti e vissuti.

1) Castiglioncello di Moraduccio - Firenzuola (FI)

Se dici Castiglioncello, in Toscana, i più pensano alla località marinara in provincia di Livorno. Ma ce n’è una diametralmente opposta nella regione, sugli appennini al confine con l’Emilia Romagna. Ed è proprio il suo trovarsi esattamente sul confine che ne ha consacrato il suo splendore prima e la sua morte poi. Il borgo si trova nel comune di Firenzuola, su un poggio bagnato a valle dal fiume Santerno, cui scorre parallela la strada statale Montanara Imolese, sulla sponda opposta del piccolo paesino di Moraduccio. Moraduccio dà il nome alle scenografiche cascate, dove d’estate c’è chi si rinfresca, che proprio qui si formano e dividono i due borghi, distanti una ventina di minuti a piedi l’uno dall’altro.

Il confine è stata la chiave della sua crescita e del suo abbandono, si diceva. Perché quello che è oggi un confine regionale, che quasi non ci se ne accorge, era un tempo il confine con lo Stato pontificio. E qui c’era una dogana di terza classe, subordinata alla più importante di Piancaldoli, perché vi passava una delle strade che congiungevano i due Stati. Castiglioncello, che pur è attestato come nucleo abitato almeno dal X secolo, trovò sul quel confine la sua fortuna: era certamente un luogo di passaggio di merci e persone, con tutte le risorse che ciò apportava agli abitanti. Poi il Granduca decise di far passare la strada Imolese sulla sponda del fiume e lentamente il borgo si svuotò, rimase inerte. Gli ultimi abitanti sono andati via negli anni ‘60.

Tra le rovine, ancora possiamo vedere case (dal censimento del 1841 erano diciannove, per un totale di 97 abitanti), un oratorio (erano due) e la chiesa dei santi Giovanni e Paolo. Proprio riguardo alla chiesa, c’è chi lega l’abbandono a una storia antica che ne fu segnale premonitore. Un giorno del 1784 grosse nubi nere si addensarono sul paese, il cielo si oscurò come non si era mai visto e si scatenò una forte tempesta. Un fulmine colpì il campanile, penetrò sull’altare e scaricò la sua forza sull’anziana perpetua che stava portando dei vasi per raccogliere la pioggia che filtrava dal tetto. Alcuni dicono che la donna morì per la forte scossa, altri che sopravvisse. Ciò che è certo è che la chiesa rimase in gran parte distrutta.

2) Brento Sanico – Firenzuola (FI)

Sempre nell’enorme territorio comuna di Firenzuola, e sempre lungo il Santerno, molto più a monte, si trova Brento Sanico. Esso si trova attiguo a quella che fu un’importante cava di pietra serena, rinomata in tutto il mondo.Fu abitato e vivace fino agli anni Quaranta: addirittura erano rinomate le feste che qui si svolgevano e che attiravano persone da tutto il Mugello. Tuttavia nel primissimo Dopoguerra il paese improvvisamente si spopolò: l’ultima famiglia andò via nel 1951.

Però si accende la speranza di una rinascita per Brento Sanico: è stato acquistato dalla scrittrice Anna Boschi che, insieme a don Antonio Samorì, parroco di Basiago (frazione di Faenza) e al suo gruppo di volontari sta ristrutturando il paese, per trasformarlo in una comunità per chi è alla ricerca di una vita lenta, semplice e in armonia con la natura. La chiesa e alcuni edifici sono stati ristrutturati, ma i lavori sono stati rallentati dall’emergenza pandemica.

Si può raggiungere il paese a piedi da una strada lastricata dalla pieve di San Pellegrino, la frazione meglio collegata dove si è trasferita la maggior parte degli abitanti del paese.

3) Fornello – Vicchio (FI)

Rimaniamo in Mugello, ma ci spostiamo nel Comune di Vicchio a Fornello. Anche la storia di questo piccolo paese è legata a una cava: quella del pietrisco utilizzato per la ferrovia Faentina, cui il minuscolo abitato è così intimamente connesso da aver avuto questi binari come unica via di collegamento con la civiltà. Infatti oltre alla cava e agli edifici di chi vi lavorava e rispettive famiglie, qui c’era anche una stazione, tuttora in piedi e visitabile seppur con estrema attenzione.

Il treno non si ferma più dal 1967, la possiamo vedere sfrecciando, ma si può raggiungere Fornello da un sentiero nei boschi parcheggiando a Gattaia. Quelli della Faentina però non sono gli unici binari presenti a Fornello. C’è un’altra via ferrata molto più corta ma ancora più affascinante: si tratta di quella utilizzata per il trasporto del materiale minerario, con tanto di carrellini arrugginiti che fanno tornare alla memoria il film di Indiana Jones e il tempio maledetto. Anche se abbandonata, la stazione porta i segni di successive occupazioni susseguitesi nei decenni, e viene da sorridere leggendo le scritte dei ragazzi che cambiano con le generazioni e le mode.

4) Monte Onda - San Godenzo (FI)

Più che di un paese fantasma qui si tratta di una montagna punteggiata qua e là di case sparse abbandonate, distrutte, ormai reinglobate nella natura, su una delle vette più suggestive che offra l’Appennino Toscoromagnolo, in linea d’aria non lontani dal Falterona da cui nasce l’Arno. Proprio come a Castiglioncello, si può partire anche qui da una cascata: quella di Calabuia, raggiungibile anche nella sua parte bassa da uno stretto e ripido sentiero, molto scivoloso.

E già la partenza è suggestiva; mai come l’arrivo, in vetta al crinale del Monte Onda, che sembra un panorama lunare e offre un panorama a 360 gradi incredibile. Lungo il sentiero si scoveranno rovine e ruderi mangiati dai rovi.

5) Pratariccia - Stia (AR)

Continuaiamo a risalire l’Arno e entriamo in territorio aretino, nel Comune di Stia. Pratariccia è un borgo medioevale a metà costa del Falterona, alto ben 850 metri sul livello del mare, sopra Molino di Bucchio. È completamente in pietra e abbandonato da sessant’anni: anche qui gli abitanti preferirono luoghi più temperati e meglio raggiungibili. Nonostante non vi sia nemmeno un abitante, Pratariccia ha fatto parlare di sé in tutto il mondo in anni recenti. L’intero borgo, seppure completamente da ristrutturare, fu messo all’asta su Ebay con base d’asta due milioni e mezzo di euro: una notizia che ha fatto impazzire gli stranieri, che tanto amano la nostra regione. Si dice che sia stato acquistato da una multinazionale che ha intenzione di trasformarlo in un albergo diffuso.

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