Orecchie ai pc, addio hacker

Flavio, prof in Missouri: «Computer collegati con onde sonore»

Flavio Esposito, 39 anni, fiorentino, ricercatore all’Università di San Louis nel Missouri

Flavio Esposito, 39 anni, fiorentino, ricercatore all’Università di San Louis nel Missouri.

Firenze, 4 gennaio 2018 - E’ un fiorentino ad aver dato ‘orecchie’ ai computer. Flavio Esposito, 39 anni, ricercatore dell’Università di Saint Louis, in Missouri, insieme ad una collaboratrice, Mary Hogan, è riuscito a far comunicare una rete di computer tramite la musica. Ed è la prima volta che viene utilizzata un’onda sonora o una melodia per dare informazioni ai centri di elaborazione dati. Così, da ora in poi, spiega Esposito, «ascoltando la musica giusta che produce il traffico Internet si riesce a capire immediatamente se un computer di un’azienda è stato attaccato da un hacker o da un virus, o se una parte è sovraccarica per un guasto». «Molti ricercatori informatici – sottolinea – hanno usato per anni la metafora ‘orchestrazione’ riferendosi al controllo dei sistemi di rete. Adesso la metafora è diventata realtà».

Esposito, figlio di un ex autista Ataf, si è laureato in ingegneria delle telecomunicazioni a Firenze, per poi iniziare un dottorato in informatica alla Boston University. Una scelta coraggiosa, visto che ha lasciato un lavoro a tempo indeterminato alla Thales. Ma è andata bene ed oggi lavora alla Saint Louis, università dove si cercano talenti italiani. «Abbiamo tante idee e stiamo assumendo su tanti progetti studenti, ricercatori e anche docenti. Per esempio, a settembre ho assunto Matteo, che ha una laurea triennale italiana. Mentre segue corsi e fa esami per ottenere la specialistica in informatica, è pagato per fare ricerca con me», fa presente Esposito, che lancia un appello agli studenti della sua città di origine. «Le università in Italia non pagano quasi mai per la specialistica. Molti studenti, per mantenersi, sono perciò costretti anche a lavorare, allungando i tempi dello studio. Se qualcuno vuole far compagnia a Matteo e farsi la sua esperienza negli Stati Uniti, i fondi ci sono e abbiamo già tanti studenti internazionali. Per iscriversi e per informazioni: cs.slu.edu/academics/graduate». MA NON sono già troppi i cervelli in fuga? «No, non mi sembra. Ci sono ottimi ricercatori in Italia – risponde Esposito – in tutti i settori. Hanno talento e voglia di lavorare. Lo vedo personalmente collaborando con molti italiani. Certo – aggiunge Esposito – qualcosa si potrebbe fare per frenare il fenomeno. Come nello sport, si potrebbero creare più regole meritocratiche, premiando chi gioca meglio. Si potrebbero invitare cervelli in posizioni decisionali importanti, come succede con gli allenatori stranieri di successo, o creare squadre con più talenti stranieri in campo». «Ci sono già state varie iniziative – conclude – ma senza troppo successo. Forse è più facile rallentare la fuga dei cervelli interna tra nord e centro-sud».

Monica Pieraccini

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