
Firenze processo di Riccardo Viti (Marco Mori/New Press Photo)
Firenze, 16 marzo 2017 - Condannato a 20 anni per omicidio: i difensori fanno ricorso in Cassazione. I difensori di Riccardo Viti, avvocati Eraldo e Francesco Stefani di Firenze, hanno depositato stamani a Roma il ricorso per Cassazione contro la sentenza di appello che lo condanna a 20 anni di carcere per l'omicidio volontario aggravato della romena Andreea Zamfir, 26 anni, prostituta che legò e a cui inflisse sevizie per motivi sessuali, causandone così la morte.
L'omicidio avvenne sotto un viadotto a Firenze il 5 maggio 2014. I difensori di Viti chiedono alla Corte di Cassazione l'annullamento della condanna in un ricorso di 150 pagine dove si richiede la riqualificazione del reato, da omicidio volontario in omicidio colposo, e in cui vengono mossi vari rilievi alla stessa sentenza della corte di assise di appello di Firenze.
Tra questi, spiegano i difensori, ci sono diverse 'omesse motivazioni' in alcuni passaggi principali del processo, come in un'ordinanza che non avrebbe motivato il 'no' all'audizione di un nuovo testimone proposto dalla difesa, che lo considera 'teste-chiave'. Inoltre il ricorso alla Suprema Corte critica anche l'omessa motivazione sulla mancata riqualificazione del reato da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale in subordine all'omicidio colposo, come invece chiedeva la difesa (ma i giudici furono di parere diverso).
La difesa di Viti evidenzia pure che in altre accuse di rapina e violenza sessuale ad altre prostitute, una mezza dozzina di episodi diversi dall'omicidio della romena, i giudici di appello non hanno motivato perché tali reati sussistono. Il ricorso ricorda anche che Viti aveva chiesto di essere presente in aula al processo di appello (3 novembre 2016, unica udienza), ma non venne trasportato dal carcere e il processo si svolse senza la sua presenza. Riccardo Viti è sempre nel carcere di Sollicciano e, anche per non subire eventuali ritorsioni da parte degli altri detenuti, continua a rimanere recluso nella sezione protetta del penitenziario.