di Paolo Pellegrini
"Uno che non molla mai. Come oggi Sinner, ecco: del resto, la pasta è quella, tempra montanara. Forti fisicamente e psicologicamente, un po’ tedeschi insomma". Ritratto in bianco e nero di Reinhold Messner, il "Re degli Ottomila" che oggi compie ottant’anni. E che con la Toscana ha un rapporto speciale da un bel po’ di tempo.
La prima volta fu nel 1983, con il compianto Alfonso Bietolini avevamo da poco inventato la Gea, la Grande Escursione Appenninica, e lui volle venire a vederla". A parlare è il “ritrattista”, Gianfranco Bracci, 77 anni, ideatore di percorsi trekking come appunto quello che in 425 chilometri di sentieri unisce il Passo dei Due Santi in Liguria con il valico di Bocca Trabaria al confine tra Umbria e Marche. Un contatto che aveva un sapore perfino mistico per i percorsi, tra San Francesco e Buddha.
Ex insegnante, Bracci è ancora oggi instancabile fotografo, guida ambientale, istruttore di nordic hiking e tuttora ideatore di viaggi lenti a piedi. E, appunto, da oltre quarant’anni il toscano che ha avuto più frequentazioni con uno dei più singolari e celebri italiani del Novecento: Messner. Gianfranco Bracci ricorda con orgoglio gli incontri, le camminate, perfino le mangiate e le bevute con lui: "Gli piaceva tanto - racconta con un sorriso - il formaggio dei nostri pastori che lui chiamava “pecorello“, già, quel “pecorino” proprio non gli riusciva dirlo. E una volta, durante un trasferimento in pulmino proprio all’inaugurazione della Gea, si mise da parte in silenzio e si assopì: il Chianti aveva fatto effetto...".
Ma come andò che Messner capitò in Toscana? "Tutta colpa - spiega Bracci - di Beppe Tenti, l’uomo che ha portato la parola “trekking” in Italia: era il suo manager, gli organizzava tutta la logistica degli Ottomila. All’epoca Messner era già famoso, aveva scalato tante super-cime in Himalaya, e quando Tenti mi chiamò dicendomi che avrebbe voluto portare Messner a inaugurare la Gea, gli risposi: ma mi prendi in giro? Invece lui voleva venire davvero a vedere la Valtiberina e il Casentino per i percorsi francescani, per fare un parallelismo tra Buddha e Francesco, nell’idea del cammino come meditazione". E come rimase scioccato, Mister Ottomila, a vedere l’Eremo della Casella, nei dintorni di Caprese, ridotto praticamente a un rudere.
"Bacchettò subito - ricorda Bracci - i presidenti della provincia e del Cai di Arezzo, con un perentorio “dovete rimetterlo!“. E infatti è stato restaurato, e oggi è una meta abituale per gli appassionati del trekking".
Personaggio ricco di sfaccettature, Reinhold Messner. "Nel suo campo è la prima delle prime donne, ma è uno che sa tutto, che studia tutto, è un vero sperimentatore: ha fatto tutte le scalate in stile alpino. Dice sempre che “solo camminando si riesce a capire il mondo“. E questo lo rende un tantino presuntuoso: una volta sulla Gea chiacchierando avevamo perso il sentiero, voleva per forza andare in un certo senso, non fu semplice convincerlo che bisognava andare da un’altra parte...".
Poi magari, quando il rapporto si fa più familiare, allora si scioglie e "diventa un vero amicone, capace di apprezzare tra tante risate una bella spadellata di bruciate, un piatto di funghi e un bicchiere di buon vino toscano...Del resto, non ha mai nascosto di sentirsi un contadino di montagna, anche se ha promosso cinque musei. Fu contento quando lo portai da Fosco Maraini che sull’Himalaya aveva scalato il Gasherbrum II, e quando con Bietolini gli organizzavamo serate strapiene di gente al Teatro Tenda o a Livorno, e per amicizia ha scritto la prefazione al nostro libro sulla Gea, una cosa che non ha mai più rifatto".
Già, la Gea. "Eh, non ne parla più nessuno. Bisognerebbe che tornasse Messner...".