
Un chitarrista del calibro di Al di Meola lo considera un talento assoluto, Tosin Abasi dice che è un virtuoso oltre i virtuosi, Steve Vai sostiene che "L’evoluzione della chitarra è al sicuro nelle mani di musicisti come lui", mentre Jack Bonamassa osserva che "ha completamente reinventato lo strumento della chitarra dal punto di vista tecnico". Stanno parlando del giovane e talentuoso chitarrista Matteo Mancuso, il cui atteso live è fra le iniziative Unesco International jazz Day a cura di Empoli Jazz. Ma, il concerto sinora previsto alla Villa Medicea di Cerreto Guidi, si terrà invece sempre oggi alle 22, ma al Jazz Club Firenze di Via Nuova de’ Caccini, 3 a Firenze. Sul palco il virtuoso chitarrista siciliano, classe 1996, avrà al suo fianco Stefano India al basso e Giuseppe Bruno alla batteria. Il Matteo Mancuso Trio, età media 25 anni, proporrà dal vivo un repertorio di brani originali e standard, con qualche anteprima del nuovo album che sarà pubblicato entro l’anno.
Matteo, come sta andando il tour?
"Bene. C’è molta curiosità da parte del pubblico rispetto a questo album perché in concerto facciamo qualche cover, ma soprattutto brani inediti composti da me. Viene molto apprezzato che, nonostante io faccia soprattutto jazz fusion, ci sia poi anche molta presenza di rock. Io, amo comunque molto anche i Led Zeppelin e Jimi Hendrix e piace questo anelito rockettaro delle mie composizioni",
Anche il pubblico del jazz si sta insomma evolvendo?
"Forse un pubblico più tradizionale potrà anche storcere il naso, perché quello che faccio io non è jazz, canonico, ma ci sono comunque elementi e soprattutto la libertà del jazz in primo piano. Faccio musica che mi piace. Lascio quindi al pubblico decidere quale sia la categoria".
Come ha iniziato a suonare?
"Anche mio padre è chitarrista, Ho iniziato a suonare grazie a lui: all’inizio ero semplicemente incuriosito, ma abbiamo suonato tanto insieme e ho iniziato sotto la sua guida all’ascolto. Mi ha incitato ad ascoltare, oltre al rock, Django Reinhardt Jeff Montgomery e la vecchia guardia del jazz, che poi studio nel corso di chitarra jazz al Conservatorio di Palermo",
Il risultato è uno stile molto personale?
"Suono con le dita, come si fa con la classica o col basso. Quando ho iniziato, non sapevo che l’elettrica si suonava col plettro, uso quindi il tocco appoggiato, quello libero".
Come l’hanno fatta a notare tanti chitarristi importanti?
"Grazie a Youtube e Instagram, dove ho postato tanti brani proposti da solo o in trio. Io non ho inviato niente a nessuno. I big stanno spesso sui social e si guardano intorno. Sono loro che in varie interviste hanno fatto il mio nome con commenti emozionanti".
Che effetto fa essere considerato un vero talento?
"Un grandissimo piacere. Anche se poi sentire tante lodi mette anche un po’ di pressione. In senso positivo. Le aspettative sono alte e io continuo a sperimentare, a studiare, a tenere concerti anche all’estero".
Riesce già a vivere di musica?
"Sì, anche se il mio mondo, quello della musica strumentale, è difficile per tutti. Al giorno d’oggi, anche i più grandi insegnano. Non suonano e basta. Io comunque, anche se è un settore in cui girano pochi soldi, per ora non mi posso certo lamentare per come vanno le cose".
Giovanni Ballerini