’L’ora più buia nella lotta alle mafie’ Il ricordo di Borsellino è amaro

Presentato alle Serre Torrigiani il volume ’Resistere. Quattro storie di mafia’ di Calleri, Scalia e Nucci

"In Toscana le mafie fatturano 17 miliardi, 220 nel Paese. E un tesoro – 3000 miliardi di euro – che permetterebbe di risanare il debito pubblico italiano è a loro disposizione" è la stima di Salvatore Calleri, della Fondazione Caponnetto, nel giorno in cui si ricordano la dedizione, la preparazione, il sacrificio di Paolo Borsellino e della sua scorta ia 30 anni da via D’Amelio. "Sono dati empirici, è vero, ma con un fondamento a parer mio". C’è una informativa della Polizia di Reggio Calabria relativa a certi conti esteri; quantifica in 500 miliardi (oltre il 20% liquidi) il giro di affari di alcuni gruppi criminali. Intercettazioni e accertamenti hanno evidenziato il ruolo di broker internazionali.

Evento commemorativo alle Serre Torrigiani. Si presenta il libro ’Resistere. Quattro storie di lotta alla mafia’, di Calleri appunto, Renato Scalia, Marco Nucci. Presenti il prefetto Valerio Valenti, il questore Maurizio Auriemma e il presidente della Regione, Eugenio Giani. Calleri, che ha fatto le stime, ricorda alcuni casi emblematici in Toscana di infiltrazioni e di riciclaggio, conquista di segmenti di lavoro: "Il caso keu, rifiuti smaltiti sotto la Fi-Pi-Li, le infiltrazioni mafiose in ditte agroalimentari nel Senese, l’ordigno di camorra esploso davanti a una pizzeria di Porta al Prato". L’evento anche e soprattutto "nella prospettiva di un rinnovato impegno antimafia" dice Calleri. "In realtà – dice per evitare enfasi fuori luogo – ci troviamo oggi nell’ora più buia degli ultimi trent’anni. La lotta alla mafia non è più un tema che trova spazio politico – denuncia – o che viene trattato. Bisogna essere chiari sul punto. In questo periodo storico trova spazio un luogo comune molto forte che ha indebolito la lotta alla mafia. E cioè che la lotta alla mafia la dobbiamo lasciare solo alle istituzioni preposte, ossia alle Forzedell’Ordine ed alla Magistratura. Una parte delle istituzioni e del ceto politico guarda con fastidio chi si batte contro la mafia e la sua cultura senza essere un membro dell’apparato giudiziario o investigativo. Sbagliano. Cadono in un tranello mafioso: la forza della lotta alla mafia sta proprio nel fatto che antimafia sociale ed istituzionale sono due facce della stessa medaglia". E "chi si serve di questo luogo comune divide l’antimafia. Il giudice Caponnetto ben mostrò col suo esempio la sintesi perfetta e possibile delle due diverse facce della medaglia". Il giudice Caponnetto, assolutamente e decisamente a favore del 41 bis, il carcere duro ai mafiosi. Oggi invece si mettono in discussione l’ergastolo ostativo, l’ergastolo senza fine (con il condannato che non potrà godere di alcuno sconto di pena), che i testimoni di giustizia sono trascurati e non tutelati a dovere. Col rischio di vanifare tante operazioni di Dda, Dia e forze dell’ordine.

E’ stato anche il giorno, ieri, in cui la Corte dei Conti ha rilanciato una relazione sulla prevenzione del fenomeno usura, a pieno titolo nei core business della mafia. Corte dei Conti che – a proposito di antimafia sociale – lamenta ancora un "rapporto tra vittime e denunce estremamente basso". Analizzati gli strumenti di contrasto (fondo di prevenzione, le attività di associazioni, fondazioni e consorzi di garanzia collettiva dei fidi), ma "è necessario proseguire nelle azioni di emersione dei casi con celerità, riservatezza, efficacia e fiducia negli strumenti di assistenza. Ed evitare il sottodimensionamento del fenomeno".

giovanni spano

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