
Dal 2013 Giovanni Barghi, imprenditore nel settore della ristorazione, gestisce la caffetteria di Palazzo Vecchio. A causa del Covid chiusa, sbarrata, dal marzo scorso. Il 23 dicembre, giusto l’antivigilia di Natale, nella sua posta elettronica è arrivata una mail da Palazzo Vecchio: l’importo dovuto per il canone di affitto 2020 è di 60mila euro. Con allegato l’iban per il versamento. "Ma come – è sbottato Barghi – avevano parlato di ricontrattare, era stata sbandierata la cancellazione del canone per quattro mesi e invece...".
Palazzo Vecchio interpellato chiarisce: "A Codesa (l’azienda di Barghi ndr) è stata inviata una lettera contabile per l’accertamento delle entrate dovute nell’anno 2020. Si tratta di una comunicazione, e non di una ingiunzione di pagamento, tanto che nel testo non si fa riferimento a una scadenza temporale entro la quale pagare ma solo alle somme accertate secondo il contratto vigente". Tutto a posto allora? Non proprio perché il Comune ricorda anche che "Codesa, nonostante la riapertura parziale dei musei, ha ritenuto autonomamente di non riaprire l’esercizio del bar a favore dei turisti e cittadini fruitori di Palazzo Vecchio". Insomma il sospetto è che alla fine il canone da pagare sia davvero di 60mila euro. Senza gli sconti finora solo promessi. Barghi però non ci sta e ha già dato mandato ai suoi legali di rispondere per chiarire che quell’importo è troppo alto.
"Dire che sono basito da questo modo di agire e di comunicare da parte del Comune – commenta – è usare un eufemismo. Sono un imprenditore, voglio tutelare la mia azienda e i miei dipendenti, ma credo che mai come oggi sia necessario che chi ha il potere decisionale in questo Paese debba essere giudicato per le proprie azioni inadeguate o scorrette".
Ad amareggiare Barghi ci sono anche "una serie di contatti telefonici e trattative formali per ricontrattare anche le condizione stesse del canone diventate troppo onerose a fronte di una ripresa lenta e spesso invisibile". E insiste: "Su espressa richiesta del sindaco ho aperto nei quattro fine settimana di giugno. Ho incassato 34 euro al giorno. In totale poco più di 100 euro a fronte di 500 euro di spese di personale...".
"Codesa – aggiunge Barghi – conta 12 punti vendita in gestione di cui 4 a Firenze, è stata colpita in pieno dalla crisi legata alla pandemia, abbiamo perso il 70per cento del nostro giro di affari e ci sono 50 addetti su 80 in cassa integrazione...".
Pa.Fi.