
L’inchiesta Open. Renzi provoca i pm: "Se il Senato dice no consegno io le chat"
di Stefano Brogioni
FIRENZE
Le conversazioni del parlamentare Renzi nel processo Open? "Sono favorevole all’autorizzazione al sequestro delle mie mail, il mio processo è sostanzialmente finito. Anche se il Senato dicesse no all’autorizzazione io voterò sì, poi allego il materiale oggetto della contestazione, circa tre email, agli atti della difesa. Ai fini del processo non cambia nulla".
Il leader di Italia Viva è spavaldo al termine della seduta, in cui è stato sentito, della giunta per le immunità, chiamata a decidere in merito alla richiesta, avanzata dalla procura di Firenze, di sequestro della corrispondenza acquisita nel corso delle perquisizioni dell’inchiesta sulla Fondazione che avrebbe finanziato l’ascesa dell’ex sindaco di Firenze. La seduta della commissione è stata aggiornata a una prossima data - ad aprile invece c’è in agenda una prossima tappa dell’udienza preliminare -, ma per Renzi la questione è pressoché chiusa. E le sue parole suonano come l’ennesima provocazione ai pm che lo vogliono processare.
"Ci sono due questioni - ha aggiunto il senatore rispondendo ai giornalisti - La prima riguarda il mio processo: è sostanzialmente finito ma non per la Consulta ma perché non c’era nulla. Dopodiché nel merito quello che dice la Consulta è chiarissimo: l’autorizzazione deve essere preventiva, non può essere postuma. Ma siccome mi dicono che io faccio questo per evitare il processo io voto a favore e se il Senato dice di no le metto comunque agli atti come atti della difesa. Se dicesse no, pur ritenendola una roba che non sta nè in cielo nè in terra, prendo il materiale che è oggetto della contestazione, sono tre email o sms, e lo allego io agli atti. Quindi ai fini del processo non cambia nulla".
Nel luglio scorso, la Corte costituzionale ha stabilito che la Procura non poteva acquisire, senza previa autorizzazione del Senato, messaggi di posta elettronica e whatsapp del parlamentare contenuti nella memoria di dispositivi elettronici appartenenti a terzi. Tale decisione ha avuto un riflesso sul procedimento in corso. La procura si è ritrovata così priva di alcuni elementi ritenuti fondamentali per il sostegno delle sue tesi accusatorie e così, ripartendo da capo, ha chiesto l’acquisizione di quei colloqui secondo la forma dettata dalla Consulta.
E così, il procedimento fiorentino si è congelato in attesa che il Parlamento deliberi. Nella stessa condizione di Renzi, anche Maria Elena Boschi e Francesco Bonifazi (quest’ultimo non imputato), per le cui posizione deciderà però la giunta delle immunità della Camera dei deputati. Guarentigie che dovrebbero estendersi anche alla posizione dell’ex deputato Pd Luca Lotti, oggi non più in Parlamento.