L’ex meccanotessile. Ruderi, fame, cemento. La vita dei disperati nella pancia del gigante

Mezzo secolo di abbandono e un progetto di rinascita in fase di decollo. Viaggio nei 27mila metri quadrati che furono il cuore industriale della città. Tende e baracche oggi danno riparo e tetto a più di trenta persone.

L’ex meccanotessile. Ruderi, fame, cemento. La vita dei disperati nella pancia del gigante

L’ex meccanotessile. Ruderi, fame, cemento. La vita dei disperati nella pancia del gigante

di Gabriele Manfrin

Gli occhi di Alì sono azzurri come il ghiaccio, fanno contrasto con la distesa di rifiuti e con la grata mezza arrugginita che usa come porta della sua baracca dentro l’ex Meccanotessile, oggi abbandonato. E’ uno dei tanti che sono arrivati in cerca di un bivacco, e che ora vivono nella vecchia fabbrica dismessa di Rifredi. La struttura, di 27mila metri quadri, a due passi dalle case è chiusa dagli anni ‘70 e oggi è immersa nel degrado. Tonnellate di sacchetti, scarti, avanzi di cibo, materassi e bottiglie spaccate, creano un tappeto di immondizia. Quando piove l’acqua non defluisce e sembra tutto bagnato. L’ambiente è umido, l’odore pungente. Ci sono escrementi ovunque. Il complesso è in cemento e le colonne che reggono il tetto sembrano uno scheletro, un cumulo di ossa che tiene in piedi quel che resta di uno dei simboli industriali della città. Il ‘buco nero’, lo chiamano i residenti. Un posto dove "è meglio non entrare" e dove "nessuno sa bene cosa succede". Quasi tutta la superficie dell’ex fabbrica, dove non sono iniziati i lavori di riqualificazione, è al pian terreno ed è divisa in due grandi spazi.

Il lato sinistro è un open space, i muri sono pieni di graffiti. Nascosti ci sono dei letti, circondati da una barricata di cartoni. L’ala di destra, invece, è quella più abitata e ricorda un alveare: le cellette di cemento, forse prima usate come uffici, oggi sono bivacchi per i senzatetto. Camminando si vedono i segni della disperazione: a terra è pieno di bottiglie, molte hanno un pezzo di stagnola bruciato al posto del tappo e una cannuccia. Sono state usate per drogarsi, per fumare il crack.

Fuori da una cella c’è un cane, circondato dalla sporcizia, che sentito il movimento inizia a ringhiare e si scaglia contro la precaria recinzione metallica. Mentre dentro una delle baracche Alì si sta preparando la cena; ha 57 anni, viene dall’Egitto. È un berbero dice, mentre si indica gli occhi blu. È arrivato in Italia 10 anni fa, prima era a Bologna poi è finito all’ex Meccanotessile. Nella celletta, di circa sei metri quadri ha tutto: un fornello da campeggio, un letto, uno stendino. Nel centro della sala un tavolino con una luce, sopra un tagliere e degli spinaci. Sistema le cose per renderla più accogliente ma le condizioni igieniche sono precarie e i muri fradici. Dice che nello stabile vivono una trentina di persone. C’è chi ha usato una tenda, chi dei cartoni, chi dorme in terra. La struttura sembra bloccata tra il suo glorioso passato e il suo prossimo splendente futuro: sono infatti partiti i lavori per la realizzazione della ludoteca e del centro giovani, mentre procede il cantiere per il social housing, con completamento previsto entro l’anno. La fine di questi lavori, abbinata alla destinazione all’Università dell’area prima prevista per l’Isia, completerà finalmente la riqualificazione. Sul punto anche Giovanni Gandolfo di Fratelli d’Italia: "Le condizioni igieniche sono da terzo mondo – spiega– noi chiediamo la messa in sicurezza dell’area fino alla fine dei cantieri. Dobbiamo contrastare il degrado e ripristinare il decoro. Il progetto di recupero è interessante, ma non deve rimanere solo una delle tante promesse mai realizzate".

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