di Olga Mugnaini
Aveva sedici anni quando mise piede per la prima volta in una radio. E non ne è più uscito.
Enrico Tagliaferri, classe 1959, non è solo un dj, ma una leggenda on air. Pioniere delle radio libere e acrobata del mixer nelle prime vere discoteche fiorentine, oggi tra le molte cose è direttore artistico di Radio Mitology, una delle emittenti più seguite della Toscana, con una linea editoriale ben precisa: solo musica degli anni ’70 e ’80.
Tagliaferri, se lo ricorda come è iniziata l’avventura? E come è cambiato l’universo delle radio?
"Certo che me lo ricordo, e come dimenticarlo. Riguardo al cambiamento diciamo che quello di oggi è proprio un altro mondo. Iniziai a Radio Onda Verde, dove facevo un programma due pomeriggi alla settimana. Si mettevano i dischi che c’erano o che si portavano da casa. A volte le cassette. Era tutto arrangiato, non c’erano palinsesti o contratti pubblicitari da rispettare, ma per un ragazzo era davvero un universo che ti si apriva davanti. E capì subito che quello della radio era il posto più bello dove potessi stare. E non a caso ci sono rimasto".
Che musica passava?
"Erano gli anni in cui arrivava la prima disco music, da Barry White a Donna Summer. E poi la grande stagione della Febbre del Sabato sera con i Bee Gees".
Negli stessi anni la città si riempì di “cantine“.
"Vero, la prima in cui entrai era in via Guelfa. Erano cantine vere e proprie, con tanto di cattivi odori e roba accatastata, dove si metteva un impianto stereo e si cominciava e mettere dischi. A volte eravamo trenta-quaranta persone. Erano anche gli anni delle prime “compagnie“ e lì ci sembrava di essere in una discoteca vera. Ricordo che fra i miei brani di punta avevo Disco Inferno e Let’s All Chant. Non c’era neanche da essere bravi a mixare, perché il mixer non c’era. Quello che contava era la “posizione“ di comando. Ma le cantine durarono poco..."
E arrivarono le discoteche vere.
"All’inizio degli anni Ottanta a Firenze ce n’era una ogni trecento metri: dal Divina al Club 67, l’Andromeda, l’Anastasia, lo Otto Club poi Yab Yum, il Full Up, il Number One... Una delle prime in cui lavorai fu la Taverna Fiesolana, il biglietto costava sulle mille lire e io ne prendevo 15mila a servizio, che per un ragazzo era davvero tanto".
Poi arrivò il Tenax...
"Al Tenax alla metà degli anni ottanta ero già un professionista a tutti gli effetti e credo di aver dato il mio contributo a farlo diventare il locale che poi è stato. Allora il lavoro in discoteca e alla radio erano ancora più o meno la stessa cosa. Poi piano piano sono diventati due mestieri diversi".
Torniamo alla radio.
"Le prime soddisfazioni arrivarono a Radio Studio 54 di Scandicci che c’è ancora e che continua ad essere molto ascoltata. Poi arrivono i primi soldini a Rdp, Radio Diffusione Pontassieve, dove addirittura portavo a casa 200 mila lire al mese per due ore al giorno di trasmissione. Sono passato da Radio One, Rtl 102.5, Rdf e tanta e altre".
E oggi, come sta la radio?
"Oggi è in crisi l’elettrodomestico, ma non la radio come mezzo che secondo me è viva e sta bene, anche se previsioni a lungo termine non riesco a farle. Sta di fatto che pochi hanno in casa la vecchia radiolina con l’antenna per sintonizzarti, ma le radio si ascoltano con le app, in tv, in macchina".
Davanti al microfono cosa è cambiato?
"Adesso le radio sono aziende con costi esorbitanti, hanno linee editoriali ben precise, fasce orarie da rispettare, contratti pubblicitari e ogni settimana sei sommerso da centinaia di dischi da proporre. Ma in ogni caso vale sempre una regola: davanti al microfono devi essere te stesso, perché dalla tua voce in radio passa quello che sei davvero. E questo è l’unico segreto".