"Io, ribelle fin da bambina, mi sono fatta strada in un mondo maschile ma non chiamatemi ’mosca bianca’". La regista fiorentina Cinzia Th Torrini sarà tra i presenti all’evento di domani in piazza della Signoria, organizzato da Quotidiano Nazionale, La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno per dire basta – con un minuto di rumore – alla violenza sulle donne.
Ha subito molestie in carriera?
"No, mai. Nel lavoro mi sono sempre mossa senza avvenenza, ma puntando sulla competenza. E non ho mai fatto provini per portare a letto qualcuno".
Ma il cinema è maschilista?
"Lo era quando ho iniziato e lo è ancora oggi. Le colleghe più giovani devono fare i conti con i pregiudizi. Ma ultimamente, confesso, pure io mi sono ritrovata a dover tenere testa ad alcune figure maschili che hanno messo in dubbio le mie competenze. ’La regista sono io, decido io’: quando l’ho detto sembravo una dittatrice, cosa che non sono assolutamente, ma ogni tanto bisogna tenere il punto".
Quando ha iniziato sarà stato ancora più difficile?
"In Germania, già all’epoca, il clima era diverso. E comunque quando all’inizio mi dicevano ’non può fare questo o quello’ io rispondevo per le rime grazie alla preparazione: l’Accademia mi ha dato un’importante formazione. Una mosca bianca? Forse, ma non ho mai pensato che l’essere donna potesse limitarmi in qualche modo. Poi ho un carattere deciso, non mi fermo davanti alle difficoltà".
Però si è dovuta fermare davanti a suo padre...
"Ho dovuto aspettare di compiere 21 anni, il raggiungimento della maggiore età. Quando dissi a mio padre che volevo andare a Roma per studiare al Centro sperimentale mi arrivò un ceffone. Ma non mi ha certo scoraggiato perché, sapendo che sul fatto di andare a studiare all’estero mi avrebbe detto sì, sono partita per la Germania e mi sono diplomata all’Accademia Hochschule für Film und Fernsehen di Monaco. E piano piano anche i miei genitori hanno capito quello che volevo fare ’da grande’ e soprattutto mi hanno sostenuta. Nel 1977 ho girato il mio primo documentario "Prima o poi...", la storia dell’ultimo traghettatore dell’Arno, l’amico Berto, prima che venisse costruito un nuovo ponte al Varlungo. In quell’occasione tutta la troupe, professori e compagni dell’Accademia, sono venuti a Firenze e la mia famiglia si è occupata di dare loro ospitalità".
Quando le donne raggiungeranno la vera parità?
"C’è ancora molta strada da fare. Sì, ci sono le quote rosa ma serve un cambio di mentalità. Personalmente ho sempre pensato di essere forte come un maschio ma più intelligente. Mi piacerebbe che la società arrivasse a una vera equità dove l’essere maschio o femmina non è una pregiudiziale. Credo, inoltre, che la violenza non abbia sesso. Ci sono tante vittime donne ma non mancano, purtroppo, le violenze ai danni degli uomini".