FABRIZIO MORVIDUCCI
Cronaca

L’alba del 4 novembre ’66. Firenze cadde e si rialzò. Ci fu chi sacrificò la vita. Oggi il ricordo degli eroi

L’Arno ruppe le spallette in Santa Croce e travolse la città che ancora dormiva. Le celebrazioni in memoria delle vittime. La Nazione vegliò sul suo popolo.

Cinquantasette anni fa la furia dell’Arno violava Firenze. E stringe il cuore pensare che questa giornata non sarà dedicata solo alle celebrazioni, visto che ci sono sei vittime da piangere per la tempesta che giovedì notte ha messo sott’acqua una generosa porzione della grande Firenze e altre zone della Toscana. L’alluvione del novembre ‘66 fu una tragedia con 36 morti e danni incalcolabili. Stamani purtroppo non si tratta solo di ricordare; sarà difficile non pensare ai lutti, e alle immagini pazzesche di Campi Bisenzio da ieri sepolta sotto un metro d’acqua, degli ospedali allagati, dei danneggiamenti diffusi dovuti al maltempo.

Secondo il programma delle celebrazioni, alle 10,30 nella Basilica di Santa Croce ci sarà la Santa Messa officiata dal Vescovo di Fiesole Monsignor Stefano Manetti. Al termine i discorsi ufficiali commemorativi da parte del presidente del consiglio comunale di Firenze, Luca Milani, e del presidente di Firenze Promuove, Franco Mariani poi il corteo che renderà prima omaggio nell’Oratorio alla Madonna delle Grazie, posta fino alla metà dell’800 sul ponte per proteggere Firenze dalla furia dell’Arno. Alle ore 12.30 circa dal centro del Ponte alle Grazie benedizione del fiume e lancio della corona di alloro da parte del Sindaco Dario Nardella, in memoria delle vittime. L’alluvione del ’66 fu una tragedia, ma il contraltare di ogni tragedia è la resilienza. Per questo è passata alla storia anche la forza dei fiorentini, che risoluti seppero riprendersi dalla sciagura, così come è passato alla storia quel movimento solidale di persone che arrivarono da tutto il mondo per aiutare Firenze a rinascere. Ancora oggi ‘angeli del fango’ è il modo di dire che accomuna l’intervento dei volontari in ogni evento del genere, una parola d’ordine per raccontare questo umano afflato, il segno dell’impegno civile di una generazione.

Nel giorno dell’alluvione, si ricordano anche gli eroi che diedero la vita prima di cedere al fiume. Il primo è Mario Maggi di Castel San Niccolò morto a 44 anni per l’esondazione del torrente Mugnone. Nei giorni scorsi il ministero dell’Interno, ha ufficialmente comunicato a sua figlia Lina Maggi di aver inserito dopo 57 anni il nome del padre tra le vittime; il secondo eroe è Carlo Maggiorelli, operaio dell’acquedotto dell’Anconella. "E’ un disastro, s’affoga tutti", raccontò al cronista de La Nazione che chiamava per avere la situazione del fiume. Non abbandonò il suo posto fino all’estremo sacrificio. Oggi alle 8 al cimitero di San Felice a Ema sarà ricordato anche lui. Ma c’è un’altra storia legata all’alluvione che parla di resilienza. Ed è proprio quella del nostro giornale. La sala rotative di via Paolieri, bella e modernissima per i tempi, inaugurata da pochi mesi, venne totalmente allagata. I macchinari, inservibili.

Eppure giornalisti e poligrafici, sotto la guida del direttore di allora, Enrico Mattei, non si persero d’animo. Il giornale, composto a Firenze, venne stampato a Bologna, nello stabilimento del Resto del Carlino, per non far mancare ogni mattina l’informazione ai fiorentini. Che ebbero un eccezionale strumento di pressione affinché, a Roma, il governo accelerasse sulla ricostruzione.