L’adozione e i ricatti affettivi

Mario

Lombardi *

Sembra strano parlare di ricatti affettivi trattando il tema dell’adozione, in questo caso ovviamente stiamo parlando di ricatto morale, una potente forma di manipolazione in cui una persona a noi vicina minaccia, in modo diretto o indiretto, di punirci se dovessimo disattendere le sue aspettative. Quante volte, la mamma da piccoli per redarguirvi, usava la classica frase "Ti mando in collegio!" o peggio ancora "Ora chiamo l’uomo nero che ti porterà via"?. Con quell’avvertimento si prova a negare il legame affettivo che esiste con la persona "ricattata" e si tenta di instillare in questa un senso di colpa, spesso chi prova a manipolare affettivamente qualcuno non ha nemmeno intenzione, cerca, attraverso il ricatto di colmare o esprimere un bisogno che non riesce a verbalizzare in altro modo. Ora se tutto ciò avviene in un contesto familiare naturale, il legame biologico svela il gioco ma se questo si sviluppa in una situazione delicata, dove i rapporti sono in costruzione, l’effetto può essere devastante. Non sono mai stato un bambino difficile ma, alla prima marachella, vedevo la mamma adottiva che si avvicinava alla cornetta del telefono, la alzava minacciando di chiamare l’orfanotrofio per rimandarmi indietro come un pacco non ordinato o diverso da quello desiderato. Anche se in quella piccola discussione avevo ragione, mi inginocchiavo pregando di non farlo e dandole ragione su tutto. Quei momenti hanno marchiato a fuoco la mia vita, influenzando i miei rapporti affettivi. Ricordo distintamente una scenetta di un bimbo in un giardino che faceva le bizze, la mamma lo redarguì gridandogli che sarebbero tornati subito a casa, quel bambino benché fosse stato cattivo, veniva punito ma rimaneva sempre della mamma, io avrei rischiato di brutto!

* Docente di Letterealle scuole medie

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