MANUELA PLASTINA
Cronaca

La psicoterapeuta De Bernart: "La violenza condivisa? Li fa sentire migliori"

Giovani e violenza: l'analisi della dottoressa Diletta De Bernart, psicologa e psicoterapeuta

Firenze, 31 gennaio 2021 - La violenza divulgata come un trofeo di cui vantarsi: un fenomeno che coinvolge sempre più giovani e che si può contestualizzare nel labile confine tra reale e virtuale, come spiega la dottoressa Diletta de Bernart, psicologa e psicoterapeuta.

Perché episodi del genere tra ragazzi così giovani? "In generale, si può ipotizzare una sorta di rituale di appartenenza: far parte di un gruppo a questa età è importantissimo, permette di sentirsi sicuri, riconosciuti. Prendersela col più debole, assume nel gruppo stesso una sorta di rinforzo incrociato, fa sentire ’migliori’, in grado di essere all’altezza delle aspettative dei propri amici, fino a sfociare in gesti che un ragazzo da solo non avrebbe mai fatto". Perché la violenza poi viene ripresa e addirittura condivisa? "In una società dove il confine tra social e realtà è sempre più labile, ciò che non viene documentato e diffuso è come se non esistesse. I giovani in particolare traducono nel virtuale ciò che fanno, come se questo lo rendesse più reale". Anche se è un’azione negativa? "Cercano il consenso, si aspettano un riconoscimento, seppur illusorio come un ’like’. Se la violenza è condivisa come faremmo con la foto delle vacanze, significa che non solo non se ne vergognano, ma anzi chiedono un riscontro positivo alla loro azione. Come se fosse qualcosa che rende migliori". Nella condivisione pubblica non si rendono conto che diventano riconoscibili e di conseguenza perseguibili? "Da sempre l’adolescenza è caratterizzata da un senso di onnipotenza che non fa pensare alle conseguenze dei propri atti. La spettacolarizzazione supera il timore delle conseguenze. La virtualità rende il senso di responsabilità ancor meno concreto".