La longa manus della Camorra negli appalti. Ville, centri commerciali e residence

Nelle 223 pagine dell’ordinanza del giudice Zampaoli un ampio spaccato dalla infiltrazione dei Casalesi (fazioni Zagaria. Schiavone, Napoletano) soprattutto a Firenze, nel Pistoiese, Pisano e in Lucchesia. Sequestrati beni per 8,3 milioni di euro

La longa manus délla camorra, clan dei Casalesi, fazioni Schiavone, Napoletano, Zagaria, calata tra il 2014 e il 2019 su appalti pubblici e privati di mezza Toscana: enti, centri commerciali, complessi residenziali, ville. A Firenze il rifacimento del Museo degli Innocenti in SS.Annunziata; l’ampliamento e la riqualificazione energetica di Toscana Energia, in piazza Mattei 3; a Bagno a Ripoli la ristrutturazione della Croce Rossa e altre unità immobiliari; a Vaglia (Pratolino) un complesso residenziale, appartamenti e villette indipendenti. A Sesto (via di Colonnata e via di Querceto al 144146) 2 nuovi complessi abitativi, ‘Gli Oleandri’; a Scandicci e a Montelupo Fiorentino opere per apertura di Eurospin. Alcuni avevano base a Lucca, dove sono scattati arresti e sequestri di beni immobili e conti correnti.

E’ la realtà disvelata ieri dalla Dda di Firenze e dalla Guardia di Finanza, Gico di Firenze e Scico di Roma con un blitz tra le province toscane interessate, l’Emilia (Reggio, Modena, Bologna), Roma, Treviso, Isernia, Caserta. ‘Operazione Minerva’ su ordine del giudice Federico Zampaoli dopo indagini del pm antimafia Guido Monferini. Minerva, divinità romana della lealtà, protettrice degli artigiani. Quale lealtà: l’organizzazione usava (anche) come prestanome elementi che prendevano il reddito di cittadinanza o di emergenza: 50-100 euro a transazione. Lealtà: e invece alcune imprese coinvolte hanno ottenuto contributi a fondo perduto del “Decreto Rilancio” e finanziamenti a fondo perduto. Lealtà: ma l’articolato sistema organizzato per acquisire quanti più lavori possibili intossicava, e intossica, il tessuto economico sano. A cominciare dalla concorrenza sleale: le imprese della holding occulta chiedevano cifre più basse perché inquadravano la manodopera come ‘soci artigiani prestatori d’opera’, con falsi documenti, niente contributi previdenziali. Mettevano Iva a credito, abbattevano l’imponibile, evadevano. "Accertata l’emissione e l’utilizzo di fatture false per operazioni inesistenti per 8,3 milioni" si legge nell’ordinanza cautelare.

Dopo le (comprovate) mire della ’ndrangheta sulla Stazione Foster (un suo uomo, funzionario pubblico, era pronto a installarsi a capo dei lavori); dopo gli appalti vinti da Avr (commissariata dai giudici perché infiltrata dalle cosche) per rifacimento e manutenzione delle strade fiorentie (appalto triennale da oltre 30 milioni) e per la Fi-Pi-Li (6,2), ecco il capitolo-camorra.

Defilato per ora il capitolo Stazioni Appaltanti: inquirenti e investigatori hanno ‘studiato’ le imprese appaltatrici e sub appaltatrici. Negli appalti fiorentini ricorre tra le ultime la ‘Loreta Costruzioni’ (sede a Roma), inserita nella holding occulta che fa da capofila e controllante della costellazione di società (23, 16 ‘cartiere’, vuote, producono soltanto fatture false) individuate dalla Dda. Loreta ha 12 capi d’imputazione per false fatture utilizzate, 2 episodi di autoriciclaggio, 6 di intestazione fittizia. C’è un meccanismo rodato, due livelli che rendono complessa la ricostruzione dei passaggi in modo da allontanare i sospetti dalle imprese appaltatrici.

Spiega il tenente colonnello Simonetti, comandante del Gico: "L’uso di fatture per operazioni inesistenti è anche per generare liquidità, una provvista per chi usa la fattura falsa. Gli appaltatori devono subappaltare la manodopera. Si presentano come cerniera, trait d’union tra l’imprenditoria sana e quella opaca. Rilasciate le fatture, fatti i pagamenti, le imprese appaltatrici fanno transitare questo denaro, consegnano il contante alla holding. Parte dei soldi vengono reinvestiti, i beni immobili intestati ad altre società fantasma. Abbattuti gli imponibili, rientra denaro fresco.

Giovanni Spano

 

 

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