
La Liberazione di Firenze, Ricordi di Virgilio Giorgetti a 79 Anni
di Antonio Passanese
Aveva solo 14 anni Virgilio Giorgetti nei giorni della Liberazione di Firenze. Con mamma Corinna, babbo Ferruccio e col fratello Giorgio viveva da sfollato, insieme ad altre dieci persone, in un piccolo appartamento di via della Chiesa. Ma già un tetto sopra la testa l’aveva e in quei tempi difficili era tanto. Nonostante da quell’agosto del 1944 siano passati 79 anni, Virgilio ricorda ogni dettaglio. Persino la maglietta a strisce, i pantaloncini e le ciabatte che indossava per girare la città in cerca di cibo. Erano momenti difficili e di mangiare non se ne parlava. Men che meno di bere acqua, perché con i ponti fatti saltare dai tedeschi era andato distrutto anche l’acquedotto. "Quando ci trasferimmo da via dei Serragli, vicino Ponte alla Carraia, in San Frediano, portammo con noi una busta di piselli secchi e bacati con cui ci sfamammo per diversi giorni – è il racconto nitido ed emozionante – Il primo vero pasto, io e la mia famiglia, lo facemmo a San Gimignano, a settembre".
Giorgetti, a distanza di 79 anni da quegli avvenimenti che sconvolsero Firenze, ancora si sveglia la notte "di soprassalto, con il terrore, perché ciò che abbiamo vissuto è stato terribile, ci sentivamo al fronte: da una parte avevamo una città liberata e dall’altra c’erano i repubblichini e i nazisti che con le mitraglie ci sparavano addosso". Ma uno dei ricordi che il 94enne porta nella sua mente come se gliel’avessero marcato col fuoco, è quello della notte in cui i tedeschi fecero saltare i ponti della città. "Mancava l’acqua, mancava la luce; i rifiuti si accumulavano sempre di più – continua – i cadaveri degli uccisi, tedeschi o italiani, rimanevano abbandonati nelle vie. Nelle case si tirava avanti dando fondo alle poche provviste accumulate. Si doveva vivere insieme ai malati ed ai morti", sospira.
"La notte dal 3 al 4 agosto mentre stavamo per addormentarci sui materassi portati da casa boati e forti esplosioni ci fecero sussultare, poco dopo un rombo fortissimo, come cento tuoni, stracciò la tranquillità della notte e fummo scaraventati in terra per lo spostamento d’aria; dalle persiane chiuse entrava polvere mista a calcina e l’odore acre del tritolo. Altre esplosioni ci tennero svegli tutta la notte".
Ad ogni botto si udiva un urlo della popolazione che pregava disperata come i condannati a morte negli istanti che precedono l’esecuzione. "Dopo che le cinque le esplosioni cessarono, dalle persiane vedemmo, attraverso una fitta nube di polvere e il fumo bianco degli incendi, che inziava ad albeggiare. Si sentirono voci e grida dalla strada, non si capiva cosa dicevano poi quelle voci e le grida divennero sempre più chiare: sono arrivati gli alleati. Aprimmo le finestre, la gente correva verso via de’ Serragli".
Era rimasto in piedi solo Ponte Vecchio, sul quale però era impossibile transitare, per l’enorme cumulo di macerie che ingombrava le vie di accesso. "Erano i detriti dei palazzi e delle torri di Firenze medievale, sotto le quali i tedeschi nascosero anche mine a percussione, che nei giorni successivi causeranno non poche vittime soprattutto fra la popolazione civile". I ricordi di quei giorni di un caldo agosto del 1944 Virgilio Giorgetti li ha voluti conservare in una tesi, quella della sua laurea in Storia. "L’ho conquistata a 90 anni. L’ho fatto per lasciare una traccia e per tramandare ai giovani ciò che è stato e che non deve mai più accadere".