La guerra privata di Hartt, tenente studioso

Restaurata alle Porte Sante la tomba del militare Usa, uno dei ’monuments men’ addetti al recupero dei capolavori trafugati dai nazisti

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di Fabrizio Morviducci

Amava Firenze, il tenente Frederick Hartt. E da monument man fece di tutto per restituire alla città tutte le opere d’arte trafugate dai nazisti. L’ufficiale americano dopo la guerra, rimase tanto attaccato a Firenze e ai fiorentini, che gli concessero la cittadinanza onoraria prima e un posto al cimitero monumentale delle Porte Sante a San Miniato al Monte quando lasciò questa vita terrena. La sua tomba, una semplice pietra di marmo con nome e cognome, è stata restaurata per iniziativa del compianto avvocato Federico Frediani, grazie al contributo del Rotary Club Amerigo Vespucci. Alla cerimonia di presentazione, dopo il restauro era presente la Console Generale degli Usa a Firenze, Ragini Gupta; per il comune di Firenze c’era l’assessore Alessandro Martini, oltre a una rappresentanza del Nucleo regionale di tutela patrimonio culturale dei Carabinieri. Hartt fu un professore e rinomato studioso dell’arte rinascimentale italiana, studiò alla Columbia e a Princeton, nel 1936 fece il suo primo viaggio in Europa: con Firenze fu amore a prima vista. "Ho perso il mio cuore per l’Italia – ebbe a dire – al momento della mia prima visita in quella bellissima terra".

Conseguì un master in Arte italiana all’Institute of Fine Arts della New York University, lavorò come assistente e catalogatore alla Yale University Art Gallery di New Haven, Connecticut prima di essere travolto dalla guerra.

Frederick Hartt si arruolò nell’aprile 1942. Arrivò in Italia il 14 gennaio 1944, e fu assegnato come interprete fotografico al 90th Photo Wing Reconnaissance a San Severo. Aveva l’incarico di valutare le foto aeree dopo i bombardamenti per determinare il livello dei danni collaterali subiti dai monumenti. Hartt era testimone impotente della distruzione delle stesse opere d’arte, così chiese di essere trasferito, di diventare uno degli uomini della squadra del maggiore Ernest T. DeWald. Divenne uno dei ’monuments man’. Lavorò al recupero di centinaia di opere d’arte provenienti dai nostri musei. Girava la Toscana in lungo e in largo con la sua Jeep che aveva battezzato ‘Lucky 13’. Ed è così che lo studioso è rimasto nell’iconografia: un giovane tenente, appoggiato alla sua Willys, mentre mostra una testa di marmo appena recuperata.

Molti oggetti di spicco erano stati saccheggiati dai soldati tedeschi. Furono ritrovati a guerra finita, in Alto Adige. Nel luglio del 1945, in una vecchia prigione nel comune di San Leonardo, Hartt trovò i dipinti di Caravaggio, Rubens, Cranach e Botticelli. Alcuni giorni dopo, nella rimessa delle carrozze di Castel Neumelans a Campo Tures furono ritrovate opere d’arte di Donatello, Michelangelo e Raffaello. Hartt accompagnò queste opere nel loro viaggio in treno dall’Alto Adige fino alla stazione di Campo di Marte, scortato da un distaccamento di sicurezza di sessanta carabinieri. I dipinti tornarono trionfalmente in piazza della Signoria con Hartt, grazie a una colonna di camion alleati. Frederick Hartt dedicò tutta la sua vita all’arte, anche dopo la guerra. Morì a Washington, nel 1991, due anni dopo la città di Firenze accolse con tutti gli onori l’urna contenente le sue ceneri. Fu sempre innamorato dell’arte, per questo i fiorentini non si sono mai dimenticati di lui.

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