di Titti Giuliani Foti
La bellezza esotica delle grandi percussioni disposte sul palcoscenico, i legni laccati su cui si riflette la luce dei faretti e le pelli tese e un po’rovinate dall’uso. Tornano dopo quattro anni di assenza dall’Europa i più celebri tamburi giapponesi dal ritiro della remota isola di Sado, per uno spettacolo di culto nel mondo per festeggiare il cinquantesimo anniversario del celebrato ensemble Kodō One Earth Tour 2022 - Europe con lo spettacolo "Tsuzumi": appuntamento, unica data in Toscana, è a Firenze sabato 26 febbraio al Teatro Verdi. Se si può parlare di perfezione in musica, Kodō ci si avvicina più di qualsiasi ensemble al mondo, dice il New York Times.
Ed ecco qui l’attesissimo ritorno di Kodō sui nostri palcoscenici da sempre e soprattutto ora dopo anni di forzata assenza. Dal primo tour mondiale con la storica esibizione di Berlino nel 1981, Kodō si fa notare come compagnia per la capacità unica di restare fedele alla millenaria tradizione del "taiko", il tamburo giapponese, pur continuando ad aprirsi a nuovi orizzonti per rinvigorire questa forma d’arte in una continua contaminazione di linguaggi della danza contemporanea, del mimo e alle più raffinate arti visive. Il 2021 segna il 40° anniversario di Kodō e i cinquant’anni dalla fondazione del gruppo originario, cioè i Sado no Kuni Ondekoza. A Firenze la tappa del europeo, intitolato "Tsuzum", celebra il traguardo e infatti nel programma della tournée dopo 15 anni, è incluso un brano diventato cult, "Dyu-Ha" di Maki Ishii, composto per Kodō a celebrazione della nascita del gruppo, oltre ad altri veri momenti di culto, come il capolavoro di Ishii "Monochrome" e ancora "O-daiko", "Yatai-bayashi" e "Zoku", insieme a composizioni create negli ultimi anni di isolamento. "Come tema per questo programma abbiamo scelto il luogo dove tutto ha avuto inizio mezzo secolo fa – spiega dalla compagnia Yuichiro Funabashi, leader del gruppo – nella nostra sede dell’isola di Sado. Solo riflettendo sul passato, comprendiamo il presente. E “Tsuzumi è una metafora dell’isola di Sado, che incarna la genesi di Kodō e diventa il punto di partenza del prossimo innovativo capitolo della sua storia", dice.
Ogni tamburo taiko nasce tra natura e uomini, attraverso un suono ripetuto e atavico c’è l’arte di vivere nei riverberi eterei e primordiali di uno strumento a dir poco viscerale. Da ascoltare senza mediazioni: in scena, cosa non di secondo piano, l’esibita forza dei muscoli a nudo degli abitanti e suonatori di Sado. Uno spettacolo per muovere emozioni primordiali Non so se sia sufficiente, ma sicuramente è necessario.